Giorno della memoria – Ricordi senesi di guerra: “Il vero problema è che non abbiamo imparato niente anzi, siamo peggiorati”

“Se è successo ieri può accadere anche oggi…Non abbiamo imparato niente ed anzi siamo peggiorati”.

Stavolta non lo ha scritto Primo Levi ma ad affermarlo è un semplice ospite dalla residenza del Campansi. Si chiama Remo Taddei, ha 98 anni, e la sua è la testimonianza diretta di chi ha vissuto il periodo più buio della storia e di chi può raccontare l’Olocausto, l’orrore più grande dell’umanità. “Si sentiva parlare di queste cose ma non si vedevano. Sapevamo che c’era qualcosa ma noi vedevamo solo fascisti e tedeschi…”, ha aggiunto.

Erano stati proprio i nazisti tra l’altro ad avere occupato la sua abitazione in via Fiorentina. E Taddei ne ricorda la crudeltà, con la paura che tutto questo possa tornare ancora. “Ci sono uomini che curano e altri purtroppo uccidono. Gli animali non ammazzano, noi purtroppo sì”, dice Remo con schiettezza, sottolineando poi un’indifferenza strisciante che sta tornando nella nostra società.

“A cosa è ridotta la vita? A nulla, non abbiamo più dignità come umani, l’abbiamo persa”, continua.

Taddei non è il solo ospite nella struttura che ha visto dal vivo la barbarie di quegli anni: Giulio Gabrielli era solo un bambino quando la guerra, quella vera e cruda e non quella documentata dall’Istituto Luce, arrivò in Italia.

Viveva a Rapolano quando i nazisti arrivarono a casa sua.”Mi buttarono fuori dal letto e ci andarono loro”, dice scherzando.

E poi ancora c’è Emilio Gennai, che era adolescente e che scappò dalla sua abitazione all’Osservanza e dai bombardamenti. Si rifugiò in campagna, dove quotidianamente viveva il terrore di essere colpito dalla mitraglietta di un tenente della Wermacht. “Una volta arrivò con il pane appena sfornato…Era quello che aveva fatto mia zia: glielo aveva portato via”, le sue parole

E poi infine Ampelio Cappelli, che ad Orgia e in Val di Merse viveva a stretto contatto con i partigiani e che rischiò, con il cognato, di essere ucciso per mano dei militari americani. “Pensavano che fossimo tedeschi, fortunatamente il proprietario della fattoria ci chiarì con loro”.

Testimonianze oculari le loro, testimonianze scritte quelle che Massimo Bianchi, docente del dipartimento di Scienze politiche dell’ateneo di Siena, ha letto nel suo intervento che ha aperto il consiglio comunale straordinario odierno. “Per una riflessione sulla Shoah. Uno sguardo sull’Italia e al caso senese”, è stato il titolo della sua prolusione.

Katiuscia Vaselli