“Kharkiv era una città come le altre, civilizzata e libera, in cui le persone lavoravano e si divertivano. Adesso sono solo macerie”. Inizia così la testimonianza di Silvio Ciappi, criminologo senese, che conosce bene l’Ucraina per i suoi lavori che ha svolto negli anni e nei mesi precedenti. Kharkiv è una città situata nell’Ucraina orientale, proprio a ridosso del Donbass, regione in cui si trovano le repubbliche indipendenti russofone di Donetsk e Lugansk. Proprio Kharkiv è stata teatro di uno degli scontri più violenti della guerra in Ucraina, in cui le bombe hanno tolto i sorrisi delle persone, in cui i civili sono stati chiamati per primi alle armi, in cui la felicità ha lasciato spazio alla paura.
“Kharkiv non esiste più – commenta Ciappi – così è iniziata la telefonata tra me e una donna ucraina con la quale ho condiviso gran parte del mio lavoro. Lei fa la traduttrice russa, una persona come tante che però è riuscita a fuggire in Romania grazie ai corridoi umanitari che si sono instaurati in questi giorni. Proprio a ottobre ero lì per mettere insieme al sindaco del capoluogo un progetto per un orfanotrofio che accoglie centinaia di bambini. Era una città come tante, la gente conduceva una vita normale, ma adesso è un luogo fantasma. Non si vive più nelle strade, la vita si è spostata nelle metropolitane, al riparo dai continui bombardamenti da parte della Russia”.
Silvio Ciappi collabora da anni con l’associazione Don Calabria, realtà presente in tutto il mondo che si occupa di fornire aiuti umanitari. Proprio questa Associazione si è resa disponibile per fornire supporto ai cittadini che stanno scappando dalla guerra, mettendo a disposizione le varie sedi presenti nelle nazioni adiacenti all’Ucraina, come la Romania.
“La guerra che si sta combattendo – continua il criminologo – non è quella che viene descritta dai telegiornali. Sempre parlando con la mia collaboratrice, mi sono stati descritti i soldati russi alla stregua dei nazisti. Anche i bambini dell’orfanotrofio sono stati evacuati e rifugiati nelle metropolitane, al buio e con poche scorte. Non so come andrà a finire questa guerra, ma so dei disastri umanitari che questo scontro sta provocando. Molte persone anche a Siena, compreso mio figlio, Mattia, si sono attivate per mettere in piedi campagne solidali per aiutare i cittadini rimasti in patria. Tutto questo deve finire, adesso non abbiamo bisogno di una guerra”.
Niccolò Bacarelli