Col Futurismo il connubio macchina-guerra irrompe fragorosamente sulla scena artistica italiana. Non è certo un caso, infatti, che nel primo manifesto, apparso sul “Figaro” in data 20 febbraio 1909, alla celebrazione dell’automobile (“Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra, lanciata a corsa, essa pure, sul circuito della sua orbita”) si accompagni l’esaltazione del conflitto (“Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari”). Spetterà alla guerra combattuta, alla guerra vissuta nel fango della trincea, fare giustizia di gran parte dei miti elaborati dagli intellettuali e da quest’ultimi diffusi anche tra le masse. Pochi saranno, infatti, – tra questi Marinetti, il padre del Futurismo, e d’Annunzio – coloro che continueranno “après coup” a difendere la bellezza del connubio macchina (automobile o aeroplano) – guerra. Eppure ci fu anche chi, come il conte Guido Chigi Saracini, sebbene non fosse stato richiamato alle armi (era stato riformato per insufficienza toracica), sebbene della pace conoscesse e apprezzasse il valore inestimabile, decise di arruolarsi volontario per dare il suo contributo alla patria (“Non fui mai guerrafondaio, come non gridai contro la guerra; fui solo obbediente al Governo in qualsiasi cosa avrebbe deciso, perché di questo Governo fui e sono fiducioso per il meglio della mia cara Italia: così sia!”) e per soccorrere chi della violenza bellica era rimasto vittima: prima fece parte del corpo automobilisti della Croce Rossa, poi guidò un’ambulanza, che era stata allestita nella sua auto, per il trasporto dei feriti. Da questa esperienza, che dal 1915 si protrasse sino al giugno dell’anno successivo, nacque il “Diario di guerra”, il quale, impreziosito anche da un ricchissimo materiale fotografico, viene ora pubblicato, a cura di Giuliano Catoni e Paolo Leoncini, dalla Società editrice il Mulino. Il passo che segue costitusce il testo di apertura.
“Siena. Sabato 22, notte. Mobilitazione! L’ordine è giunto a mezzanotte ed è stato subito affisso. Cominciano in città le dimostrazioni per la guerra e contro l’Austria. A mezzanotte una di queste, numerosa, si reca in Piazza del Duomo e sotto la Prefettura acclama al Re, all’Esercito, all’Italia,cantando i soliti inni. Si affaccia il Prefetto Merlo e arringa con belle parole la folla. Noi volontari Automobilisti non sappiamo come regolarci: partiamo subito, o attendiamo il telegramma del Presidente del Comitato Volontari Croce Rossa di Torino, Mirafiori? Nell’incertezza aspettiamo.
Siena 23. Perdurando la nostra suddetta indecisione, Bracci telegrafa di urgenza con risposta a Mirafiori. La risposta non giunge per tutto il giorno. Questo non trascorre lieto. Sono i saluti, il pensiero di lasciare i propri cari e le proprie cose e la cara Siena che, pur non intaccando il fermo proposito assuntomi di compiere tutto il mio dovere, danno una tristezza e uno struggimento non indiffrente! Bisogna che mi faccia forza però per non lasciare trapelare per nulla questo mio turbamento inevitabile, da me, del resto, messo in preventivo”.
Guido Chigi Saracini, Alla Grande Guerra in automobile, Bologna, il Mulino, 2015
a cura di Francesco Ricci