Negli ultimi decenni, la scienza e la psicologia hanno affrontato domande fondamentali sull’evoluzione dell’intelligenza umana. Un’affermazione provocatoria, sostenuta da uno studio della Stanford University condotto da Gerald Crabtree, suggerisce che la nostra specie stia assistendo a un graduale declino delle capacità intellettive. Lo studio, pubblicato sulla rivista Trends in Genetics, ha esaminato il patrimonio genetico umano per analizzare le modifiche avvenute nel corso di centinaia di migliaia di anni. La conclusione è tanto inquietante quanto intrigante: nella società moderna, la stupidità non solo è in aumento, ma potrebbe rappresentare il nostro destino evolutivo. Ma cosa significa questo in termini psicologici e sociali?
Secondo Crabtree, le pressioni selettive che per millenni hanno modellato l’intelligenza umana sono diminuite. In epoche passate, la sopravvivenza richiedeva ingegno: cacciare, costruire rifugi, riconoscere i pericoli ambientali e risolvere problemi complessi erano abilità essenziali. Con l’avvento dell’agricoltura, della tecnologia e delle società strutturate, la necessità di esercitare queste capacità si è gradualmente ridotta. La nostra intelligenza non è più un fattore determinante per la sopravvivenza quotidiana. Da un punto di vista psicologico, questo cambiamento riflette un fenomeno noto come “disuso delle competenze cognitive”. Quando un’abilità non è più necessaria o incentivata, tende a diminuire. È lo stesso principio per cui una lingua non praticata finisce per essere dimenticata.
La tecnologia, pur essendo un miracolo della creatività umana, ha avuto un impatto significativo sulle nostre capacità cognitive. Dispositivi come smartphone e computer hanno ridotto la necessità di memorizzare informazioni o risolvere problemi complessi. Questo fenomeno è stato descritto dal sociologo Sherry Turkle come una “delega tecnologica”: affidiamo sempre più aspetti della nostra vita a macchine, riducendo il nostro coinvolgimento mentale. Da un punto di vista psicologico, questo porta a un effetto noto come cognitive offloading. Mentre può sembrare un vantaggio, a lungo termine riduce la capacità del cervello di mantenere e sviluppare nuove abilità. I giovani, immersi in un mondo digitale, sono particolarmente vulnerabili a questo declino, poiché la loro plasticità cerebrale viene indirizzata verso attività meno stimolanti.
La teoria di Crabtree non si limita a un’analisi genetica, ma solleva domande più ampie sulla natura della stupidità nella società contemporanea. In psicologia sociale, il termine “stupidità” è complesso e multifattoriale. Può essere visto come l’incapacità di analizzare criticamente le informazioni, prendere decisioni razionali o considerare le conseguenze delle proprie azioni. Uno dei fattori che contribuisce a questo fenomeno è l’effetto Dunning-Kruger, secondo il quale gli individui meno competenti tendono a sopravvalutare le proprie capacità. In un mondo in cui le opinioni si diffondono rapidamente attraverso i social media, l’ignoranza può facilmente mascherarsi da competenza, rafforzando atteggiamenti anti-intellettuali. Inoltre, il conformismo sociale amplifica la diffusione della stupidità. Studi classici di psicologia, come quelli di Solomon Asch, dimostrano che le persone sono inclini a conformarsi a un gruppo anche quando il gruppo ha torto. Nella società moderna, questo si traduce in un’accettazione acritica di informazioni fuorvianti, fake news e narrazioni semplicistiche.
Un altro elemento cruciale è il ruolo dell’educazione. La psicologia dell’apprendimento evidenzia che il pensiero critico, la risoluzione dei problemi e la creatività devono essere coltivati fin dalla giovane età. Tuttavia, il sistema educativo spesso enfatizza la memorizzazione e la conformità piuttosto che il pensiero indipendente. Il declino delle capacità intellettive potrebbe non essere solo una questione di genetica, ma anche di cultura. L’educazione, anziché stimolare il potenziale umano, rischia di limitarsi a produrre individui conformisti, incapaci di sfidare lo status quo. Questo fenomeno è stato descritto da Paulo Freire come “educazione bancaria”, dove gli studenti sono visti come contenitori passivi da riempire, piuttosto che come agenti attivi di apprendimento.
Il declino dell’intelligenza non è solo una questione di capacità cognitive, ma ha profonde implicazioni per il benessere psicologico. La mancanza di sfide intellettuali può portare a noia, apatia e, in alcuni casi, depressione. Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche osservava che l’assenza di uno scopo più elevato può portare a un senso di vuoto esistenziale, un problema sempre più comune nella società moderna. Inoltre, la ridotta capacità di risolvere problemi può amplificare i livelli di stress e ansia. Quando le persone si trovano di fronte a difficoltà che non sanno come affrontare, la risposta naturale è una sensazione di impotenza, descritta in psicologia come learned helplessness.
Se accettiamo l’idea che l’intelligenza sia in declino, la domanda fondamentale diventa: cosa possiamo fare per contrastare questa tendenza? Gli psicologi propongono diverse strategie per mantenere e sviluppare le capacità cognitive: stimolare il pensiero critico: Creare ambienti educativi e sociali che incoraggino il dubbio, la curiosità e l’analisi critica delle informazioni; limitare l’uso della tecnologia: Promuovere un uso consapevole della tecnologia, bilanciando il tempo trascorso online con attività che richiedono impegno mentale; coltivare relazioni sociali significative: Studi psicologici dimostrano che il dialogo e l’interazione sociale stimolano il cervello, migliorando capacità come empatia e problem solving; enfatizzare l’importanza dell’educazione continua: L’apprendimento non dovrebbe finire con la scuola, ma essere una pratica costante per tutta la vita; incoraggiare il gioco e la creatività: Attività ludiche e creative sono essenziali per sviluppare la flessibilità cognitiva e la capacità di cavalcare le proprie emozioni, affrontando problemi in modo innovativo.
L’idea che la stupidità possa essere il nostro destino evolutivo è, senza dubbio, provocatoria. Tuttavia, come ogni teoria, deve essere considerata con un mix di scetticismo e apertura mentale. Da un punto di vista psicologico, essa ci offre un’opportunità: riflettere su come possiamo contrastare il declino delle nostre capacità cognitive e costruire una società più consapevole e resiliente. La storia dell’umanità è segnata da sfide che sembravano insormontabili, eppure sono state superate grazie alla creatività, all’innovazione e alla cooperazione. Se sapremo affrontare questa nuova sfida con lo stesso spirito, potremmo scoprire che il destino dell’intelligenza umana non è segnato dalla decadenza, ma da una trasformazione verso nuove forme di pensiero e adattamento. Il futuro, come sempre, è nelle nostre mani.
Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo, Psicoterapeuta, Dottore di Ricerca in Psicologia, Sessuologo, PsicoOncologo
Ricercatore e docente del Centro di Terapia Strategica di Arezzo
Professore a contratto Università degli Studi eCampus e Università degli Studi Link di Roma
www.jacopogrisolaghi.com
@dr.jacopo.grisolaghi