Avendo appreso, nel corso della sua esistenza, con molto studio, a invertire la corrente del fiume del tempo, e a riguadagnare questo stesso contando alla rovescia gli anni compiuti, ma sopra tutto grazie alle nozioni di Fisica che gli avevano permesso di convertire il tempo in spazio e dunque la Fisica stessa in Arte, Salvador Dalì, alcune fasi dopo la data del 23 gennaio 1989 – quella della sua morte cronologica – rinasce in questo mondo, naturalmente già adulto, senza dover ricominciare alcun ciclo, in virtù delle dottrine di cui si era impadronito nel corso di quello svolto.
Una delle conseguenze più felici di questo evento acronico e molto daliniano, è che a Dalì può essere finalmente commissionata la pittura del drappellone per il Palio di Siena: ciò che disgraziatamente non era mai accaduto fino al 1989.
Giunto a Siena da Port Lligat, la sua dimora catalana di sempre, Dalì ne riparte entusiasta con un gran bottino di disegni: cavalli, prima di tutto, ma anche bandiere, costumi antichi, copricapi, buoi, animali araldici, madonne, strumenti musicali, armi e finestre: questi i soggetti, combinati tra loro. A Siena si è invaghito di una contrada in particolare: la Selva, che ritiene daliniana per via del rinoceronte. Per Dalì il corno del rinoceronte è una sorta di atomo, un archetipo geometrico che si trova in tutte le forme curve del corpo umano, e nella piega della sua punta arrotondata si flette tanto verso il cielo quanto verso la terra, in una traiettoria quasi angelica.
Tornato a Port Lligat, Dalì vorrebbe dipingere sul Palio infinite corna di rinoceronte, e con esse comporre le immagini che la tradizione senese chiede di inserire; ma gli hanno spiegato che non si può alludere esplicitamente a una contrada facendo scapitare le altre, dunque rinuncia. Non troppo a malincuore: infatti esiste un’Assunta da lui già dipinta nei primi anni cinquanta del Novecento, orante e ascensionale nella spinta antiprotonica che la fa cadere in cielo; e Dalì la ricompone con variazioni che sono altrettante parti redivive, così da rimanifestarsi come Madonna Assunta di Siena.
Sul fondo dipinge la piccola baia di Port Lligat, contornata dai dossi di terra bruciata, sospesi sul mare cui è sotteso il silenzio cosmico, e vi sovrappone la conchiglia di Piazza del Campo: da qui prende lo slancio il corpo oblungo dell’Assunta, contro un cielo netto e lapislazulino: questo corpo è formato da dieci cavalli bianchi, che corrono precipitando in basso, tanto frammentati da creare una cascata pulviscolare. Quella della materia di cui è fatta è una caduta, eppure avviene in una realtà smaterializzata che si sta elevando. Il volto è formato da sfere che si aggregano in un profilo raffaellesco, mentre le linee dei capelli fluttuanti si attorcono e svolgono fino a disegnare e avviluppare a un tempo i simboli di dieci contrade. Nella parte più alta, il cielo apre un grande occhio che contiene l’architettura interna della cupola del Duomo senese.
Pare che Dalì abbia detto, consegnando il Palio: “In questa città, nella quale ho dipinto pur stando a Port Lligat, il fiume del tempo ha invertito la corrente, e quello che la bagna è non solo invisibile, ma si dirama in ogni direzione e porta inoltre il nome di una Dea. Davvero confacente a un genio immortale!”.
Andrea Laiolo