Mentre il mondo divora la vita freneticamente, la gente azzanna il tempo e corre, una città intera compie con religiosa dedizione il suo rito secolare. I quattro giorni di Palio sono scanditi da una rigida tabella di marcia, l’intera città si muove e lavora come l’ingranaggio di un orologio antico ma perfettamente funzionante. Nonostante ciò ognuno di noi ha una percezione diversa del tempo e dei momenti del Palio, delle prove, delle cene in Contrada. Francesco Barbucci, giovane contradaiolo dell’Aquila racconta: “Ho avuto il privilegio di poter entrare in Piazza come monturato e la cognizione del tempo in quelle ore è completamente diversa in confronto a quando si assiste alla Passeggiata Storica da contradaiolo e sembra che quei momenti non passino mai. La prima volta che salii sul palco delle comparse mi venne in mente che di lì a poco avrei assistito al Corteo, poi in un attimo scoppiò il mortaletto e i cavalli erano già sul tufo. Era successo tutto così in fretta, quasi senza rendermi conto che io stesso ero stato parte del Corteo”. Il giorno del Palio raccoglie e riassume l’essenza stessa dei giorni che lo precedono, fatti di lunghe attese come quelle tra la prova della mattina e quella del pomeriggio e di attimi di speranza, quelli che precedono la Tratta. “La mattina del giorno del Palio è la più lunga in assoluto. È come se prendessimo fiato prima dell’apnea della carriera, e ad ogni ora che passa ci rendiamo conto che sta succedendo davvero ciò per cui abbiamo aspettato per mesi. Le sensazioni contrastanti dei giorni precedenti, nel mio caso, lasciano spazio alla speranza”. Proprio questa mattina Sunto ci ha svegliato coi suoi rintocchi solenni, con la fermezza e l’amore di un nonno. Ogni anno per due volte si compie questo splendido miracolo, segna l’inizio dei ritmi dei nostri tamburi, delle voci squillanti delle chiarine, del silenzio della busta, dei richiami del mossiere, lo scoppio del Mortaletto, un colpo al cuore, è Palio.
Clelia Venturi