Non mi levo dalla mente il ricordo di quella cena della prova generale nel ventilato prato di Sant’Agostino. Era il 15 agosto 2001 e Andrea Mari esordiva nel suo primo Palio indossando il giubbetto delle Tartuca. Non vedeva l’ora di correre nel Campo, si realizzava un sogno coltivato fin da bambino. E poi Andrea era tartuchino, battezzato alla fontanina di via delle Murella. Non si doveva dire perché dall’indomani sarebbe diventato semplicemente un fantino nella bagarre di una contesa irta di sospetti e di occulti legami. La passione per i cavalli gli era entrata nel sangue fin da quando, vicino Rosia – dove era nato – ammirava estatico i cavalli d’una scuderia di Orgia. La gestiva un amico del babbo. Il suo primo cavallo fu Charles. Andrea debuttò, dunque, nel Palio dell’agosto 2001, indossando il giubbetto della Tartuca. Si discusse molto sul nome che avrebbe assunto alla segnatura. Andrea l’aveva scelto capitan Arezzini, che di fiuto nell’individuare fantino di rango non ha rivali. No aveva compiuto ancora 24 anni ed era emozionato nel sentirsi al centro di tanta attenzione. Ascoltava incuriosito. Io, da Priore, spesi parole di entusiasmo per un nome che gli s’attagliava alla perfezione: Brio. Ho ritrovato l’articolino che scrissi per “Murella cronache” a commento: «Brio designa un’energia vitale, che dà forza e vivacità, è imparentato con briga, e dunque con la furbizia, che nel Palio ci vuole e con l’allegria che deve accompagnarla […] un bel nome Brio: breve e sonante come un augurale grido di gaia battaglia». E poi era già registrato nel lessico paliesco: è prestito dallo spagnolo. I Signori del Brio erano i responsabili dell’organizzazione della festa. «Mettere in brio un cavallo» vuol dire spingerlo fino a farlo imbizzarrire. Quell’esordio non fu fortunato. Brio si dovette destreggiare alla mossa con un maledetto nono posto e cascò prima di concludere i tre giri. Andai a consolarlo nella stalla. Era dispiaciutissimo. «Che c’era da combinare con quel Razzo de Nulvi? Sei stato bravo, non devi rimproverarti di niente» abbozzai. In questi giorni tristi lo rivedo con il suo sguardo da ragazzino impertinente, voglioso di vincere a tutti i costi. Ha collezionato stupendi trionfi e dimostrato un coraggio perfino eccessivo. Ha finito la sua corsa generosa in quel lungo viale consacrato dai versi di Carducci: la processione dei pedagogici cipressi pare prolungarsi verso l’infinito invitando a superare ogni limite. Andrea aveva fretta di arrivare, pungolato dal demone della velocità. Ci resterà nel cuore col piglio di un giovane eroe. Memorabile e crudelmente breve è stata la gloria che ha acciuffato nel Campo.
Roberto Barzanti
Foto di Giovanni Gigli
Archivio della Contrada della Tartuca