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In che sistema economico sociale vogliamo vivere, e che tipo di Paese vogliamo lasciare dopo di noi? Domanda lecita guardando la manovra sulle pensioni.

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In un momento in cui l’atmosfera natalizia con la sua dolcezza apre una luce di speranza e la prospettiva di un nuovo anno fa chiudere il bilancio con l’anno passato, comunque sia andato, “Quale sistema economico sociale si sta costruendo?” è la domanda chiave da anteporre a qualsiasi buon proposito che ci ripromettiamo di avere.

Perché guardando come viene gestito dall’alto il tema delle pensioni, è evidente, a occhio nudo, che non c’è consapevolezza della situazione demografica in cui ci troviamo e delle sue potenziali ripercussioni a livello sociale ed economico. Nonostante il calo delle nascite certificato, la fuga all’estero dei giovani preparati in Italia, soprattutto laureati, sei anziani per ogni bambino nel 2024, la preoccupazione rimane far quadrare i conti pubblici, a discapito della tutela delle persone.

Così diventa normale che oggi, anche chi si trova a qualche anno dal pensionamento, si senta immerso nell’incertezza, perché magari aveva fatto i conti con le norme e inserito il riscatto di laurea per intravedere un anticipo pensionistico e poter avere una qualità della vita che il lavoro non riesce a dare, anzi toglie.

Scrivo questo pensando alla proposta governativa che ha previsto di eliminare ai fini della maturazione del diritto alla pensione anticipata il riscatto di laurea, a partire dal 1° gennaio 2031, con incidenza retroattiva, indipendentemente dal sistema previdenziale di calcolo. Una proposta che nasce togliendo il motivo per cui si fanno confluire i periodi di studio, ovvero guadagnare del tempo, pagando regolarmente.

Ma non è stata l’unica grande trovata, per non dire altro. Si è proposto anche di allungare la finestra mobile di uscita, che, in sostanza, significa riprendersi proprio i mesi di aspettativa di vita che si era evitato di far scattare l’anno prossimo. Ovvero maturi la pensione anticipata e poi aspetti dai 4 ai 6 mesi per riceverla.

Per fare un esempio dell’eventuale esito di tale proposta, metti che ho riscattato la laurea per uscire in anticipo, rischio di dover continuare a lavorare perché tale requisito non è più valido, oltre a un mese o più di finestra che devo conteggiare per il ritiro dal lavoro.

Anche se la proposta governativa non è andata avanti, mette in luce che non si sa che strada prendere, avendo come unico focus il risparmio sulla spesa pubblica e tenere i conti in ordine. Ma ciò, insieme a un rimescolamento di regole, e di diritti acquisiti, porta a chiedersi se si ha idea di quale sistema economico sociale si sta costruendo per tutti. Se si eliminano istituti che potenziano l’investimento in capitale umano vuol dire che manca proprio la direzione verso la società di domani.

Cosa si porta, dunque, in fondo, in tema di pensioni?  

Nella manovra governativa la possibilità di andare in pensione di vecchiaia anticipatamente, cumulando gli importi versati nella previdenza complementare, salta. Aumentano i tagli all’anticipo pensionistico per i lavoratori precoci. Viene previsto un meccanismo di adesione automatico alla previdenza complementare per tutti i neoassunti, che potranno comunque rinunciare entro 60 giorni oppure scegliere un fondo complementare diverso entro lo stesso termine. Infine, dal 2026 saranno tenuti al versamento del TFR al Fondo Inps anche i datori di lavoro che raggiungono la soglia dimensionale di 50 addetti, e dal 2032 la platea di versanti si allargherà alle imprese che raggiungono i 40 dipendenti.

Insomma, si portano in fondo aggiustamenti per trovare soldi, senza definire una politica che indichi chiaramente come sarà il nostro sistema di Welfare, per scavallare l’anno. 

E poi, l’anno prossimo si vedrà.

Maria Luisa Visione