Non si può, almeno per mera curiosità, non andare al cinema per capire in che modo Ron Howard (il mitico Ricky Cunningham di Happy Days…) e regista premio oscar per “A beautiful Mind” ha lavorato all’ultimo best-seller di Dan Brown, “Inferno”. (Produzione Imagine Entertainment,Columbia Pictures, LStar Capital e distribuito in Italia da Warner Bros. Pictures) dsitribuzione Basterebbero soltanto le tre città dove il regista ha ambientato il tutto- Firenze (riprese aeree dei Boboli, degli Uffizi e di Palazzo Vecchio spettacolari), Venezia e Istanbul, per andare a vedere questo film. La trama del libro è, come nei testi dell’autore statunitense, decisamente articolata e frastagliata: il professore di Simbologia Robert Langdon (Tom Hanks) si risveglia in una stanza di ospedale a Firenze. È ferito alla testa ed ha ricordi confusi. Quando una donna vestita da carabiniere fa irruzione nella sua stanza, non gli resta che fuggire con l’aiuto della giovane dottoressa, Sienna Brooks. Alla base di tutto c’è Bertrand Zobrist, un genio della genetica, che ha deciso di “salvare” l’umanità dalla sua inevitabile dissoluzione diffondendo un virus che riduca drasticamente il numero degli abitanti della Terra (!). Lo scienziato innesca un percorso distruttivo a partire da un dato reale: la crescita esponenziale della popolazione mondiale con i conseguenti, e secondo lui devastanti, riflessi sul futuro della vita sul nostro pianeta. La soluzione che trova è drastica: liberare un virus per dimezzare la popolazione e Langdon si impegnerà per impedirne l’attuazione. E qui mi fermo…perché il film per 2/3 è sostanzialmente una corsa mozzafiato del protagonista per le vie e viuzze del capoluogo toscano, con un ritmo più che serrato, tipico dei film americani da botteghino. Il lavoro di Ron Howard, riuscito, è quello di rendere il film una fuga costante (che sembra a tratti epica…) da pericoli incombenti cercando di impedire un eventuale catastrofe finale.
L’opera ci è apparsa essenzialmente costruita come una infervorata gita, anche artistica, in cui Langdon, smemorato e in preda ad allucinazioni , ma sempre esperto simbologista, deve ricostruire cosa ha fatto negli ultimi giorni fiorentini indagando nei minimi dettagli la Mappa dell’Inferno di Botticelli, la Battaglia di Marciano del Vasari e la Maschera di Dante. Il film infatti è stato ben costruito tutto sulla mente (con poca memoria) di Tom Hanks, interprete al servizio totale del film, del regista e della storia di Dan Brown. Hanks ci è apparso nuovamente con il suo sguardo tipico, che ormai conosciamo : volto con un fondo di paura misto però alla volontà di neutralizzarla.
Finale un po’diverso dal finale del libro….come era anche abbastanza scontato considerando che tutti gli artisti, registi compresi, si appellano quasi sempre, per “giustificarsi”, alla libertà di adattamento di un ‘opera. Il finale di un film americano da botteghino , in genere, deve avere un lieto fine e Inferno ce l’ha. Film quindi che non fa addormentare mai lo spettatore, semplicemente classico thriller dove la crittografia sembra più pretestuosa che mai e un finale con una toccante pietas nei confronti del “cattivo” .
Cinema americano di intrattenimento che, comunque, quando è costruito bene è sempre il benvenuto, e in particolare con alcuni nomi tra i migliori in assoluto del panorama mondiale, un Ron Howard, che nella sua lunga carriera ha sapientemente navigato tra i vari generi e un Tom Hanks, l’attore più pagato al mondo, conosciuto per il suo carisma e per l’infinita serie di personaggi portati in scena in quarant’anni.
Ottimo, quindi, per distrarsi piacevolmente. (e anche perchè per quasi due ore abbiamo Firenze davanti…)
Buona visione!
Giada Infante
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