Inquinanti, farmaci e nicotina nelle balenottere del Mediterraneo: da Siena lo studio sulla salute del nostro mare
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Farmaci, plastificanti, paracetamolo e perfino nicotina: sono solo alcuni degli inquinanti di vecchia e nuova generazione che si trovano in concentrazioni senza precedenti nelle balenottere del Mediterraneo.
Dai cetacei, ‘sentinelle’ tossicologiche del nostro mare, arriva un vero e proprio grido d’allarme. Ed a rivelarlo è uno studio pubblicato dalla docente dell’Università di Siena Maria Cristina Fossi sulla rivista Environmental Science & technology.
La ricerca, finanziata dal progetto internazionale Plastic Busters e dal Centro Nazionale della Biodiversità, ha applicato per la prima volta a livello mondiale una nuova tecnica di indagine per le balene: l’esposoma, che è “una metodologia avanzata che consente di rilevare la presenza di migliaia di molecole inquinanti di origine antropica all’interno di un organismo”, ha spiegato la professoressa, ordinaria di Ecologia ed Ecotossicologia. “Questo tipo di analisi era stato utilizzato quasi esclusivamente sull’uomo – ha aggiunto-, per ricostruirne il profilo tossicologico. In questo caso, invece, è stata applicata per la prima volta alle balenottere, in particolare a quelle del Mar Mediterraneo, messe a confronto con esemplari del Mar di Cortez, in Messico”.
Ad affiancare l’esposoma anche un’altra tecnica diagnostica per controllare gli effetti delle sostanze rilevate. “I risultati sono stati, in parte, sconvolgenti – prosegue Fossi-. Non solo queste balene risultano contaminate da inquinanti “storici” — come i composti organoclorurati e gli idrocarburi policiclici aromatici, noti da oltre trent’anni — ma presentano anche concentrazioni elevate di farmaci, un fatto del tutto inatteso. Nei tessuti degli animali ne sono stati trovati ventuno diversi, provenienti con ogni probabilità da attività umane lungo la costa. Inoltre, è stata riscontrata una presenza elevatissima di PFAS e, ancora più sorprendentemente, alte concentrazioni di nicotina nelle sole balenottere mediterranee”.
Cosa significa tutto questo? “Che, nonostante che queste balene vivano anche a 30-40 miglia dalla costa — ossia circa 60-70 chilometri — risentono fortemente della contaminazione costiera – la risposta della docente-, soprattutto da parte di sostanze non ancora regolamentate a livello internazionale. Si tratta di cosiddetti “contaminanti emergenti”, la cui diffusione può avere effetti biologici gravi. Infatti, nella pelle di questi animali sono state identificate oltre 30 correlazioni tra la presenza di inquinanti emergenti e alterazioni tossicologiche. Tra queste, anomalie nel metabolismo dei lipidi, nei recettori degli estrogeni, e modificazioni delle cellule adipose (adipociti). In altre parole, non solo queste sostanze non dovrebbero trovarsi nel mare, e men che meno in un ambiente pelagico lontano dalla costa, ma interagiscono biologicamente con l’organismo delle balene, indicando potenziali conseguenze negative per la salute della specie”.
Il quadro è ancora più preoccupante se si considera che la balenottera del Mediterraneo è classificata come “in pericolo”, a differenza della popolazione globale che è solo “vulnerabile”. “Queste molecole sono distribuite in maniera ubiquitaria in tutto il Mediterraneo, e la loro diffusione può impattare gravemente la biodiversità marina”, conclude Fossi.