Un incubo che dura da 24 mesi, un’accusa pesante quale può essere quella di una violenza sessuale, l’angoscia di sentirsi impotente e cercare in tutti i modi di provare la propria innocenza per eliminare le affermazioni che lo portano sull’orlo di un baratro psicofisico. E’ dentro a questo ‘quadrilatero’ che inizia e finisce una storia assurda che coinvolge e stravolge la tranquilla vita di un ex politico che abita a Torrita di Siena. Lo abbiamo incontrato e intervistato ma non metteremo le sue generalità complete per tutelare i suoi figli. Il colloquio durato circa due ore avviene alla presenza del legale, l’avvocato Vincenzo Bonomei che ha seguito la vicenda fin dall’inizio. Ed è stato proprio l’avvocato a portare in aula tante e tali prove che alla fine hanno indotto il giudice a prosciogliere da ogni accusa l’uomo. L’accusa è stata spazzata via ma per questo cinquantenne quanto vissuto rimarrà impresso nel suo animo come un marchio a fuoco.
“E’ il mese di maggio del 2015 e io ho deciso di candidarmi a sindaco nel mio Comune. In tanti mi conoscono e mi vogliono bene e così dopo aver fatto esperienze come consigliere in questa stessa amministrazione e aver svolto il ruolo di consigliere provinciale ho la voglia di andare avanti politicamente per il bene del mio paese che conta settemila abitanti. Cerco voti e lo faccio parlando con la gente e andando a volte anche a casa loro per spiegare i miei obiettivi”.
E quindi in questa sua ricerca di voti arriva anche alla casa di quella sua conoscente?
“Sì. Vado nel condominio dove abita e chiedo a due inquilini se sanno se è in casa. Suono al suo campanello. La conosco e nel passato l’ho anche aiutata. Lei mi dice che in quel momento ha da fare e mi esorta a tornare nel pomeriggio verso le 15. Accetto. Dopo un’ora sul mio telefonino arriva una chiamata da un numero coperto. E’ lei che mi conferma l’appuntamento per il pomeriggio. Arrivo puntuale e trovo in casa due carabinieri in borghese che mi dicono che la signora mi ha denunciato per minacce e violenza sessuale. E’ un colpo. Sono impaurito e stordito”.
E poi cosa succede?
“Mi portano in caserma, non mi ammanettano perché il maresciallo mi conosce e dice al più giovane che non rappresento alcun pericolo. Una volta nei loro uffici mi perquisiscono e mi fanno diverse domande”.
Viene successivamente rilasciato e una volta a casa cosa racconta alla sua famiglia?
“Tutta la verità. Che senso avrebbe avuto raccontare bugie? Mi conoscono e sanno perfettamente che non sarei mai stato capace di fare una cosa così terribile come quella”.
I suoi congiunti gli sono sempre rimasti vicino? E il paese?
“Sempre. In paese ci mi conosce non ci ha mai creduto e mi ha mostrato grande solidarietà”. Le parole muoiono in gola, l’emozione in questo momento è più forte della rabbia per aver subito una tale ingiustizia e le lacrime scorrono velocemente.
La giustizia va avanti e l’allora indagato su consiglio del suo legale decide di avvalersi della facoltà di non rispondere. Arriviamo all’udienza preliminare dove l’accusatrice continua a sostenere la sua tesi e dopo essersi costituita parte civile chiedendo un risarcimento pari a 50mila euro afferma tra le altre cose che l’uomo la mattina quando arrivò nella sua casa l’aveva costretta ad un rapporto orale sul pianerottolo e che prima di quel giorno l’aveva infastidita più volte tanto che era intervenuto il marito per allontanarlo. Quest’ultimo sentito nega in maniera decisa la circostanza. E a smontare il castello accusatorio anche la telefonata da un cellulare diverso da quello della signora arrivata un giorno di due anni fa ai carabinieri di Torrita subito dopo la conferma che il nostro interlocutore sarebbe ritornato il pomeriggio.
Lei era in udienza il giorno della il gup decide di proscioglierla da tutte le accuse?
“No ero rimasto a casa. Mi telefonò l’avvocato per darmi la notizia”.
Cosa provò in quel momento?
“Era come se mi fosse passato sopra un camion. Ero vivo, comunque il camion mi era passato sopra. Non auguro a nessuno di provare una cosa del genere. Due anni da incubo durante i quali mi trattenevo perfino dall’abbracciare le mie figlie. Si rende conto cosa vuol dire tutto questo?”
Un anno dopo ed esattamente a giugno di quest’anno ha querelato la signora per calunnia, è vero?
“Sì. Subito dopo la sentenza a me favorevole attraverso l’avvocato Bonomei avevo fatto sapere ai legali di lei che non volevo nulla, semplicemente una lettera di scuse e doveva spiegare il motivo per cui mi aveva fatto tutto questo. Non ho avuto la lettera e ancora non so il motivo e così ho deciso di querelarla”.
Che progetti ha per il futuro?
“Sto seriamente pensando di aprire un’azienda in Lettonia. Approfitto di lei per una cosa. La violenza sulle donne è un reato gravissimo e va perseguito e i responsabili meritano severe condanne e il carcere. La stessa punizione ci dovrebbe anche essere per le donne che raccontano bugie come nel mio caso. Il male che fanno le fandonie è tanto. Nessuno ha il diritto di soffrire per una bugia come è accaduto a me”.
Cecilia Marzotti