Noi ci divertiamo a dare nuovi spunti ai nostri lettori e spesso siete proprio voi a diventare i nostri collaboratori più propositivi. E’ il caso di Maura Martellucci e Roberto Cresti, che della storia e delle curiosità fanno il loro pane quotidiano prima con le pillole quotidiane e da oggi, ogni domenica, proporranno la nuova rubrica che parlerà della città e del territorio in modo curioso e accattivante. Cominciando dalla Francigena. Per conoscere e capire da dove arrivano le realtà odierne.
Una cinquantina di anni fa l’insigne storico Ernesto Sestan (1898-1986) conia la definizione di “Siena figlia della strada”, per evidenziare il ruolo svolto dalla Francigena nello sviluppo della nostra città. La frase ha avuto un successo fenomenale ed è stata ripresa, ripetuta, riscritta da chiunque, nei decenni successivi, volesse spiegare in poche parole la relazione tra questi due fattori: Siena-Francigena.
La definizione di Siena figlia della strada, tuttavia, per quanto felice non può essere presa alla lettera, dato che la strada non spiega di per sé lo sviluppo urbano ed economico vissuto da Siena a partire dal X secolo per iniziativa di un ceto pre e protocomunale dinamico, intraprendente e proiettato nella nuova realtà politica e, soprattutto, economica di un’Europa che proprio tra il X e l’XI secolo è in piena ripresa. Siena però ha avuto il pregio di intuire le potenzialità legate al passaggio, nel suo territorio, della Francigena e ha colto appieno tutte le opportunità che questo portava. E lo ha fatto, forse, come nessun’altro luogo degli oltre ottanta con i quali Sigerico ha punteggiato il suo tracciato che da Canterbury arriva a Roma siano essi centri urbani, luoghi di sosta, santuari, valichi di montagna, attraversamenti di fiumi.
Siena, dunque, ha saputo sfruttare l’essere posta sulla Francigena, non è nata dalla Francigena. E’ un concetto diverso.
Gli effetti comunque ci sono e sono importanti.
La Francigena ha in parte modellato il tessuto urbano della nostra città, dandogli l’impulso per scendere dai colli di Castelvecchio e Santa Maria (il nucleo altomedievale di Siena) per arrivare ad inglobare proprio la strada che corre più a valle, conferendogli così la caratteristica forma ad “Y” rovesciata che ha ancora oggi.
Un tessuto urbano che arriva ad comprendere in un unico centro i suoi tre nuclei abitativi (i futuri Terzi); centro urbano che in varie fasi, fino al Trecento, è stato racchiuso in un circuito murario sicuro che ha sbarrato proprio la strada Francigena nel tratto cittadino a nord con il complesso trincerato del borgo di Camollia, e a sud, dove la via si apre verso territori meno ostili, con Porta Romana, capolavoro di architettura che unisce, come pochi, la funzionalità militare alla leggerezza.
E non è certo casuale nemmeno il fatto che proprio lungo la Francigena sono stati, via via, costruiti gli edifici più belli, più ricchi e importanti, i palazzi delle famiglie più in vista, oltre alle attività più redditizie.
Tra queste ci sono senz’altro quelle che oggi chiameremmo le strutture ricettive e di ristoro: da un censimento risulta che nel 1288, nei soli Terzi di San Martino e Camollia, esistevano circa novanta esercizi tra alberghi, locande, taverne.
Questi luoghi di sosta a pagamento (che sono di varia tipologia perché devono essere per tutte le tasche) hanno gestioni che possono essere private, pubbliche e, addirittura, religiose. I luoghi di ristoro di proprietà pubblica hanno una duplice funzione: garantire un servizio a coloro che giungono in città e, al tempo stesso, assicurare una buona entrata per le casse comunali. La maggior parte, tuttavia, sono in mano a privati e sono loro la maggiore forza motrice della diffusione ed evoluzione dell’ospitalità a pagamento.
Esistono anche punti di ristoro a pagamento di proprietà delle autorità ecclesiastiche, di ospedali, monasteri e chiese. Un esempio per tutti è proprio il Santa Maria della Scala che oltre ad essere il maggiore istituto assistenziale cittadino è anche uno dei maggiori proprietari visto solo in città possiede ben cinque alberghi.
Accanto a questi si trovano i luoghi di sosta dove l’ospitalità è gratuita e, quindi, gli ospedali (non nel senso di luoghi di cura, ma visti come luoghi di hospitalitas, cioè luoghi di accoglienza), dai più piccoli (magari solo con tre o quattro letti), al più grande (il Santa Maria) che offrono a poveri viandanti e pellegrini un luogo di sosta, di riposo, rifocillamento e assistenza durante l’estenuante cammino.
Questa grande e differenziata rete dell’ospitalità ci dice che Siena, lungo questa strada, ha visto transitare ogni genere di persone: mercanti, re, artisti, lavoratori, imperatori, prelati, uomini di cultura, soldati, viandanti, pezzenti e pellegrini.
Attraverso la Francigena i senesi sono entrati in contatto per secoli con uomini di culture diverse, lingue diverse, provenienti da mondi lontani e questo ha aperto le menti dei nostri concittadini offrendo loro una miriade di possibilità.
Ad esempio, i nostri artisti hanno avuto modo di confrontarsi con le idee e tecniche d’Oltralpe, i nostri mercanti hanno intessuto nuovi contatti commerciali, e hanno iniziato ad esplorare nuovi mercati nei quali esportare la manifattura senese.
Nel corso del Duecento molte famiglie senesi dedite all’attività mercantile e finanziaria si sono arricchite proprio per aver ampliato il loro raggio d’azione ben oltre la nostra penisola, fino all’area transalpina, alla Britannia, alla Germania, la Catalogna e, soprattutto, le importanti fiere della Champagne, dove entrano in rapporti d’affari con la nobiltà laica e con gli ecclesiastici di tutta Europa.
E’ attraverso la Francigena, del resto, che Siena stessa veicola nel mondo la sua cultura e soprattutto la sua imprenditorialità.
La Francigena, infine, ha stimolato i nostri governanti del tempo nel creare una Siena sempre più bella, decorosa e sicura, una Siena che potesse essere elogiata e raccontata nel mondo da tutti coloro che la attraversavano e vi sostavano. E riuscirono perfettamente nel loro intento.
Roberto Cresti
Maura Martellucci