Se un ragazzo di Siena a 16 anni è in regolare corso di studi e milita con esiti promettenti nelle giovanili della Robur, generalmente si può dire che “fa il suo”; e forse, anche qualcosa in più. Ma se improvvisamente lasciasse tutto per dedicarsi ai tatuaggi, probabilmente si vedrebbe circondato da abbandoni, da voci sdegnate o sarcastiche tali da indurlo a a ritornare veloce sui suoi passi. Non così però se intorno avesse (almeno) un amico sincero, una nonna ‘illuminata’ e genitori la cui stima per il figlio è maggiore dello sbigottimento.
Questa storia tra il romantico e il ribelle in questi giorni prende la forma di un’impresa in via Simone Martini, proprio sotto il ponte di Ravacciano. L’”Antonini tattoo studio” già campeggia sui bigliettini da visita, illustrati (per niente a caso) con il San Girolamo di Caravaggio; dal 5 novembre, compare anche sulla vetrina, là dove un tempo c’era un macellaio e più di recente un centro estetico.
E’ il primo punto d’arrivo (e di ripartenza) per un percorso professionale tanto giovane quanto poliedrico, originale quanto autodidatta. Antonini fa di nome Giacomo, di anni oggi non ne ha ancora 20, e gli ultimi 3 li ha dedicati a costruire un percorso non convenzionale, benché rivolto a una nicchia di mercato tutt’altro che in declino. Una scelta germogliata in un humus indefinito: forse il lavoro del babbo, una vita a creare pezzi di artigianato senese con il culto del ‘ben fatto’; forse la passione per il più maledetto (e più grande?) tra i pittori italiani; di certo non il corso di studi, che non era artistico e che nel 2015 lo spinge per reazione a crearsi basi più solide nel disegno a mano libera, frequentando il Siena Art Institute. Poi, giorni su giorni che diventano mesi a fare prove da tatuatore; vagando tra macelli e concerie, in cerca di pelli sintetiche o di maiale da poter usare come cavie.
UNA PROFESSIONE (PER NIENTE) IMPROVVISATA
Al profano non sembra, ma questa professione è infatti rigidamente regolamentata: in Toscana, come in altre due regioni, è vietato tatuare la pelle umana a chi non abbia speso 600 ore tra dermatologia, igiene, dialogo col cliente, tecniche di pronto soccorso. E, naturalmente, disegno: la scuola-dopo-la-scuola di Giacomo è la Metaphora di Arezzo, andarci da Siena significa un anno di sveglia alle 5. A tenersi sveglio lo aiuta la crescita in passione e fiducia, alimentata da significativi incontri: “Quello con Simone Barzanti, sicuramente – racconta Giacomo – il docente più incisivo tra quelli che ho avuto. Poi gli incoraggiamenti ricevuti da Moni Marino o Silvano Fiato, i miei mostri sacri del tatuaggio italiano; le fiere di settore dove puoi vedere da vicino i capolavori su pelle”. Tra questi c’è il corpo di Monami Frost, tattoo-modella lituana di cui Giacomo ha appena finito di appendere in studio una foto con dedica. “Tra pochi giorni a Firenze c’è il Tatoo convention, devo andarci assolutamente” aggiunge, mentre rifinisce l’arredo di quello che sta diventando il suo spazio aperto al mondo: il lettino per i lavori a dimensione corpo, l’armadietto con gli inchiostri da pelle, una vetrinetta con statuine fantasy e le bobine “old school”, espressione di una delle due correnti artistiche del tatuaggio contemporaneo: “l’altra è il realistico, quella che si distingue per disegni più verosimili possibile, e l’intenso uso del colore. E’ lo stile che a me piace di più, anche se sono aperto ad ogni esigenza”.
Giacomo, come si fa un tatuaggio? Qual’è il processo creativo?
“generalmente prima si fa il disegno su carta, che poi si valuta insieme al cliente. Dopodiché c’è il tatuaggio vero e proprio, da fare con un grip in cui si montano l’inchiostro e l’ago: può richiedere da qualche minuto a 6-7 ore nei soggetti più complessi, magari in più sedute. Comunque sia, è un lavoro che non ammette repliche: l’errore non si corregge, è fondamentale essere concentrati”.
C’è mercato per questa professione? Quali sono le tendenze del settore?
“Attualmente a Siena e dintorni le attività del genere si contano sulle dita di una mano. Al corso di Arezzo eravamo tre senesi, ma gli altri non lo facevano con intento imprenditoriale. Le richieste della clientela si stanno concentrando molto sul realistico, figure umane o naturalistiche da riprodurre minuziosamente sul corpo”.
Che significa per un ragazzo appena maggiorenne scommettere su di sé in maniera così..insolita?
“La fase più difficile è stata quella iniziale. Quando ho preso la decisione di lasciare la scuola e soprattutto il calcio (Giacomo era in odore di debuttare in serie D con la prima squadra, ndr) ero assolutamente convinto, ma sulle prime intorno a me ho trovato molta diffidenza. Ma nonna Simonetta e l’amico Axel mi hanno incoraggiato molto. Ed i mei genitori, benché sorpresi, non si sono mai messi contro”.
Per le prime settimane di apertura Giacomo ha già una decina di lavori prenotati. Il resto dell’avventura è tutto da scrivere, con passione, creatività e metodo. Come il futuro di Siena, nondimeno?
Massimo Sollazzini
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