Chi si inoltra nel mosso tessuto di vie che salgono e discendono entro il tracciato quasi ininterrotto delle mura, comincia ad essere portato dal pulsare di Siena più di quanto non porti egli stesso le proprie gambe su quegli antichi selciati.
Il forestiero non se ne rende sempre conto, ma gli accade; il cittadino non deve pensarci, poiché di quella pulsazione è parte. Chi invece, come il nostro protagonista, essendo senese torna nella città dopo anni di assenza, potrebbe all’istante accordare il proprio ciclo cardiaco alle fasi dei percorsi cittadini, come in una ritrovata armonia originaria: anzi scoprire che in quegli anni di lontananza la conduzione degli impulsi del suo cuore è stata anomala, e che il ritorno in quelle trame, l’attraversarle di nuovo, ripristina la normalità; porta, se c’è stato danno, alla riparazione. E così difatti avvenne a lui.
Conoscere il suo nome non è importante, chiamiamolo semplicemente: il senese. Era un uomo di mezza età, come suole dirsi con espressione insipida, forse insulsa. Il senese era tornato da solo, ma egli in realtà non è mai solo quando si ritrova nella sua contrada, così come non lo è camminando per quelle vie intessute che legano fra loro tutte le contrade pur tenendole separate.
Il senese nei giorni del ritorno, che erano quelli del Palio, gioì da spasimo sopra tutto per la possibilità di rivedere finalmente la carriera direttamente in piazza, e non attraverso lo schermo televisivo. In quell’occasione la sua contrada era delle dieci ammesse alla corsa. Poiché sarebbe dovuto ripartire, non sapendo quanto precisamente sarebbe durata la sua nuova assenza, pregò di veder vincere la propria contrada, e lo fece con ardore. La carriera cui avrebbe assistito era quella del 16 agosto, pertanto si rivolse alla Vergine Assunta.
Un uomo in stato di grazia, qual è un rimpatriato felice, benché non definitivo, prega meglio, cioè con un animo già disposto alla gratitudine, con la fiducia, insomma, del guarito. Il senese entrò nel Duomo, e tra le colonne imbandierate recitò interiormente – ma non tanto – la sua divozione. Poi passò alle molte fonti, dove, osservando l’acqua vi figurò specchiato il viso della vergine, cui diresse la supplica che sgorgava dal suo cuore facendone un catino ricolmo di limpido fermento: non sostò alla fonte sola della sua contrada, ma anche ad ognuna delle altre, ritrovandovi riflessa pur sempre la stessa Madre. Il senese partecipò naturalmente a tutti i riti collettivi che precedono il giorno della carriera.
Ora non riveleremo ai lettori se la preghiera del senese venisse esaudita, e la sua contrada vincesse davvero, poiché non dubitiamo che loro già sappiano che le cose non potevano andare altrimenti.
Andrea Laiolo
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