Forse non lo sappiamo ma siamo entrati nell’epoca della competenza trasversale: la vera sfida e la battaglia da vincere sarà quella di passare da un concetto di futuro visto in modo schematico, rigido, prefissato ad uno integrato, volubile e plastico.
In altri termini ci aspetteranno momenti nei quali il concetto di competenza trasversale batterà clamorosamente quello (storico) di cultura, consociativismo, economia ed impresa da sempre fondato sul concetto di categoria , settore, ceto o razza.
Lo schema finanziario, il settore di appartenenza, la categoria sociale preconfezionata, il consociativismo, in quanto soggetti catalogati vitreamente in un contesto bloccato, non soddisfano più né le esigenze finanziarie né quelle economiche né tantomeno quelle sociali e relazionali del mondo che ci sta attorno ed in particolar modo dei soggetti che dettano i voleri e le volontà dei costumi, delle usanze e dei mercati.
E’ il cambiamento fra stato, idea e concetto di rendita (una sola competenza specifica) a quello di innovazione (contaminazione di esperienze) che ha determinato il prevalere del secondo rispetto al primo: basti pensare, per esempio, al mutamento del concetto di telefono (competenza specifica: io chiamo, tu rispondi) a quello, trasversale, di i-phone dove ci sono soluzioni ed interazioni trasversali che mettono in relazione soggetti in tre-quattro dimensioni diverse (io chiamo tu rispondi, io scrivo tu mi scrivi –whatsapp- io ti guardo tu mi guardi- Skype- dirette).
Continueranno a vivere ed a prosperare quelle imprese così come andranno nel mondo del lavoro e del mercato coloro che presenteranno competenze “trasversali non in quanto acquisite in un contesto e trasferibili a un altro sulla base di una qualche analogia (di contenuto, di procedura, di scopo) ma piuttosto trasversali in quanto prive di ogni radicamento con un qualsiasi contesto, adattabili più che applicabili ovunque, perché genericamente e astrattamente auto ed etero-performative, oltre che fortemente, esasperatamente personalizzate”.
Ci sarà sempre più bisogno di persone e soggetti chiamate non a vivere, interpretare e, se è il caso, trasformare miseramente un contesto (magari mettendoci un semplice orpello in più) ma di persone che devono saperlo analizzare, capire, adattarvisi, modificandosi (magari anche solo apparentemente) per plasmarsi plasticamente su di esso, senza entrarvi realmente in relazione.
Solo con questi metodi e con questo approccio (salvaguardia con utilizzo di sistemi o metodi innovativi e trasversali) potremmo concepire, per esempio, lo sviluppo di Piazza della Signoria a Firenze, oppure quello della Fontana di Trevi a Roma o quello di qualunque altro monumento o luogo in Italia: solo con questi metodi potremmo immaginare un nuovo sistema di relazioni sociali (integrazione dell’immigrazione) e del mondo del lavoro ( più retribuzione ed esigenza di flessibilità).
Il risultato di una maggior consapevolezza delle situazioni, delle relazioni, dei rapporti con dati, oggetti e persone concrete, ma una sorta di galateo della trasversalità adattiva alla mutabilità dei contesti nel tempo del non lavoro.
Fare impresa in questo contesto vorrà dire non solo produrre un bene ma produrre un bene utilizzando sistemi metodi e tecnologie trasversali che in realtà hanno più ricadute rispetto ad una sola azione: si passerà dal concetto di mera manifattura a quella di manifattura trasversale e cioè di produzione di un oggetto facendo leva su esperienze di altri campi, per esempio facendo manifatture risparmiando o producendo energia, utilizzando tecnologie provenienti da altri settori contigui o addirittura di provenienza totalmente estranea, come accade nel settore automotive che sta sempre più utilizzando tecnologie di provenienza militare (park-assist, GPS su tutti) oppure nell’edilizia dove non si vende una casa ma una casa con particolari prestazioni energetiche, domotiche e funzionali.
Ugualmente in ambito scolastico dovranno servire sì le competenze di materia, per la loro intrinseca importanza ma sempre più importante sarà l’interazione fra “capacità di portare a sintesi teoria e pratica, potenzialità e prestazione, individualità e contesto, motivazione e scopo, cognitivo ed emotivo. Per questo a scuola dobbiamo adottare un’idea sistemica e una pratica non strumentale delle competenze, non di successo, ma di una qualche speranza di intelligenza.”
E su questo, sui giovani e sulla scuola, si fonderà gran parte del nostro futuro.
Luigi Borri