L’intervento di Visco al convegno “La ricchezza della nazione, Educazione finanziaria e tutela del risparmio, parte dalla differenza dei comportamenti che, nel tempo, sono stati adottati dai cittadini nelle scelte finanziarie. Il driver della ricerca del rendimento, non più appetibile su depositi bancari e Titoli di Stato, si è tradotto in sottoscrizione di strumenti finanziari più complessi, senza la necessaria consapevolezza della diversa natura dei rischi assunti. Non solo rischi descritti nei libri di scuola come rischio di credito, di controparte, di mercato o di liquidità, ma rischi sistemici, prima teorici, di contagio e interconnessione in un mondo tecnologico che vive di tempi reali. Senza dimenticare l’avvento del Bail-in: nuove norme che regolamentano certezze del passato.
Rischi, vecchi e nuovi, dunque, che impattano sulla ricchezza lorda delle famiglie italiane, rappresentata maggiormente da attività reali, soprattutto abitazioni. 6000 miliardi di euro di attività reali, appunto, contro 4000 miliardi di euro di attività finanziarie, è l’ultimo dato del 2015.
L’affezione per le obbligazioni degli Italiani è, invece, scemata gradualmente; si registra oggi la percentuale più bassa in portafoglio dal 1950, ovvero il 10%, e per quelle bancarie una caduta vertiginosa: solo 150 miliardi del totale lordo.
In crescita, invece, azioni, soprattutto quotate, altre partecipazioni, fondi comuni di investimento, riserve assicurative e fondi pensione. Se negli anni novanta i fondi comuni erano il 3%, oggi sono il 12% e i fondi pensione, dall’8% hanno raggiunto quota 22%.
Le passività finanziarie, contenute rispetto agli altri Paesi area euro e non, pesano, a livello aggregato, per il 60% del reddito. Un numero che non mi sembra poco virtuoso, se confrontato con quello dichiarato dal Governatore per gli altri Paesi: cento per cento media euro e ancora più elevato negli Stati Uniti e nel Regno Unito.
Tuttavia, è del 10% la quota di famiglie che detengono azioni, fondi comuni o gestioni patrimoniali. In sostanza, si potrebbe avere una più efficiente allocazione delle risorse in ottica di diversificazione, rischio, rendimento e orizzonte temporale, tenendo conto delle opportunità offerte dalle possibili correlazioni esistenti tra i diversi strumenti finanziari.
Mentre scrivo mi accorgo che l’ultimo periodo semplice per me, nel settore da più di 20 anni, forse non è proprio così semplice concettualmente per tutti. Perché di questo si tratta: di comprensione di rischi e opportunità e di delega ad intermediari.
Visco sottolinea anche l’importanza della tutela pubblica insita nella funzione di vigilanza, dettagliatamente regolamentata e capace di restituire tra il 2014 e il 2016, 200 milioni di euro alla clientela. Non passa inosservato, però, che nel 2016 è cresciuto significativamente il numero dei ricorsi all’Arbitro Bancario Finanziario.
Sono poi proliferate le iniziative istituzionali pubbliche e private a favore della diffusione dell’Educazione Finanziaria. Il costituendo Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di Educazione Finanziaria, ha un obiettivo strategico istituzionale che vedrà i frutti nel medio-lungo periodo.
Nel frattempo, ognuno di noi, a mio avviso, dovrebbe abbandonare falsi miti e pregiudizi e pretendere un servizio di consulenza finanziaria non basata sui prodotti, ma integrata su tutto il suo ciclo di vita economico, partendo dall’analisi dei suoi bisogni.
Maria Luisa Visione