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L’Italia lascia l’Afghanistan dopo venti anni, i parà della Folgore di Siena ammainano il Tricolore

Si è conclusa l’8 giugno ad Herat l’avventura italiana in Afghanistan, secondo alcuni la più lunga e costosa campagna militare della storia del nostro Paese, iniziata nel marzo del 2003 con la missione “Nibbio”. Come programmato dal piano in atto per il rientro delle Forze NATO della missione Resolute Support iniziato lo scorso 1 Maggio e con la fine delle attività di Train Advise e Assist a favore delle forze di sicurezza afghane, il comando chiude, assumendo il nuovo nome di Comando Herat con alla guida il Generale di Brigata Beniamino Vergori.

Ad incaricarsi del saluto finale e dell’ammaina bandiera alla base di Camp Arena sono stati gli uomini del 186° reggimento paracadutisti “Folgore” comandati dal colonnello Federico Bernacca.Partiti a gennaio per la missione “ TAAC-WEST” ( Train Advise Assist Command West) i paracadutisti della Task Force Arena faranno rientro in Italia nei prossimi giorni dopo aver terminato le operazioni iniziate a maggio per il rimpatrio di uomini e mezzi.Sono oltre 50.000 i militari Italiani che si sono avvicendati in questi anni sul territorio Afghano, l’esercito italiano ha lasciato sul campo 54 uomini e un numero altissimo di feriti.

Il 186° reggimento paracadutisti “ Folgore” ha pagato un pesante tributo in Afghanistan, era il 17 settembre del 2009 quando un convoglio che stava rientrando alla base Isaf dopo aver prelevato alcuni militari dall’aeroporto di Kabul, all’altezza di un Check Point è stato affiancato da un’auto che è esplosa non lasciando ai militari il tempo di reagire.
Nell’esplosione sono morti: Il Capitano Antonio Fortunato, il primo caporal maggiore Matteo Mureddu, il primo caporal maggiore Davide Ricchiuto, il primo caporal maggiore Gian Domenico Pistonami, tutti uomini partiti da Siena.

Il ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan non porterà all’interruzione della collaborazione con il governo locale, sono già in atto progetti di cooperazione allo sviluppo, progetti per le scuole, le imprese e lo sviluppo economico. Tutto questo “ lo dobbiamo ai nostri 54 connazionali caduti” ha ribadito il ministro della difesa durante la cerimonia dell’ammaina bandiera.

Una missione che lascia un pò di amaro in bocca per quelle che erano le aspettative iniziali. Oggi l’Afghanistan è un paese tutt’altro che sotto controllo, infatti secondo i dati dell’Onu, solamente nei primi tre mesi dell’anno sono stati uccisi 573 civili e si sono registrati 1.200 feriti, soprattutto donne e bambini, rimasti mutilati, vittime di sparatorie e di ordigni esplosivi.

Giovanni Graziotti

marco crimi

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