Eccoci all’ennesimo scandalo, l’Italian job all’amatriciana, quelle cosettine che tu pensi siano finite ma si ripresentano con la puntualità del raffreddore in Ottobre.
Parlo della vergogna in salsa snob dell’università e dell’ultimo scandalo per il quale essere i migliori non è più una qualità ma una malattia da combattere ed estirpare.
Se sei il migliore e non paghi sei meno migliore di altri: e non vai avanti.
Alla gloria dei favoritismi, delle mazzette e della politica del malaffare che combattiamo (forse) ma non estirpiamo.
Perché è parte del “genius loci” della penisola, quella mentalità per cui i furbi passano avanti ai competenti, facendo però arretrare clamorosamente il nostro paese.
Si crede, nel nostro immaginario, che l’università sia il luogo del sapere e del merito, dove la tua preparazione viene soppesata, misurata e messa in relazione a standard di professionalità e merito.
Cose che varranno poi per tutta la vita e che ti accompagneranno nella carriera lavorativa e (cosa non da poco) nella selezione per la classe dirigente del futuro.
Niente di più sbagliato: se non paghi e non stai alle regole del potente di turno fai come al gioco dell’oca. Torni indietro senza passare dal via. Con pubblico ludibrio e scazzature varie.
Un po’ quello che è capitato anche ultimamente in una piccolissima repubblica dove i bilanci (e le perdite occulte) delle banche possono essere considerate alla stregua della trippa prima di essere cotta; così come la trippa se la tiri si allunga e se li lasci ammollo si ristringe alla stessa maniera i bilanci, lasciati macerare un mesetto, da fallimentari sono divenuti sostenibili e, anzi, forieri di ripresa. E allora con questo criterio d’Agosto puoi perdere una mezza miliardata e di Ottobre, magicamente, (spalmi e…) non succede niente.
In barba ai principi di correttezza, trasparenza e prudenza. Ma tanto chi se ne frega.
Come nell’università anche lì pagano i cittadini e, viva Iddio, una buona dose di indulto sanerà tutto: rei e innocenti sullo stesso piano, davanti all’altare dell’ incompetenza e del malaffare.
Oggi il ministro Fedeli è uscito ed ha affermato, in merito allo scandalo dei professori, che “non bisogna generalizzare”: lo aveva detto Draghi per le banche, il Presidente della repubblica per gli scandali politici, il CSM per le mazzette alle toghe, le direzioni dei Partiti per gli scandali sulla corruzione, la FIGC per le inchieste su calciopoli e sulle scommesse, la Magistratura per la vecchia mani pulite, la Guardia di finanza per lo scandalo lenzuola d’oro e, più recentemente, per Consip….
E così ancora per centinaia e centinaia di casi, sia locali che nazionali.
E allora io vado controtendenza ed affermo che “bisogna generalizzare” perché, allo stato dell’arte, la sensazione è che siamo in mano ad una (mezza) manica di delinquenti.
Ed occorre reagire. Con forza e decisione. Ghettizzando ed escludendo chi fa il furbo.
Viva per sempre, l’Italia degli onesti ed il tricolore
Luigi Borri
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