Monteriggioni è un borgo della zona collinare della Montagnola Senese posto a 270 metri s.l.m che domina il territorio circostante.
Il comune di Monteriggioni presenta al suo interno tratti fisici estremamente differenziati: si può infatti notare facilmente come attorno al rilievo del Montemaggio siano presenti alcune piccole pianure come Pian del Lago e pian del Casone, alternate ad una serie di piccole valli formate da torrenti e ruscelli che caratterizzano la parte centrale e orientale del territorio.
Fondato come avamposto nel Duecento, diventò il baricentro viario della Toscana medievale per la presenza della Via Francigena, principale collegamento tra l’Europa e la penisola, intrecciandosi in una fitta trama di percorsi etruschi e romani che fungevano da via di collegamento con i centri di Siena, Volterra, Firenze e Pisa.
Fra il XII ed il XIII secolo l’area fu interessata dalle continue lotte tra Firenze e Siena per l’affermazione della loro supremazia politica ed economica.
Monteriggioni è sempre stato un sicuro baluardo per i senesi: la struttura difensiva, fatta da mura di cinta possenti e carbonaie che venivano incendiate durante gli assedi, era considerata inespugnabile ed identificata come la porta d’ingresso per gli inferi. Proprio Dante, infatti, ne La Divina Commedia paragona la cinta muraria di Monteriggioni e le sue torri ai giganti che stanno conficcati nel pozzo nella parte finale de l’inferno:
« però che, come in su la cerchia tonda
Monteriggion di torri si corona,
così la proda che ‘l pozzo circonda
torregiavan di mezza la persona
li orribili giganti, cui minaccia
Giove del cielo ancora quando tona »
(Dante Alighieri, Inferno canto XXXI, vv. 40-45)
I fiorentini, infatti, non riuscirono a conquistarla nemmeno dopo anni di faticosissimi assedi: nel 1526 resistette alle truppe di papa Clemente VII e, qualche anno più tardi, Il castello non cedette nemmeno quando il Marchese Marignano ordinò di intensificare gli attacchi delle artiglierie.
Soltanto il 29 agosto 1554 l’esercito fiorentino riuscì ad invadere la zona, non tanto grazie alle proprie abilità militari, quanto per il capitano Giovanni Zeti, un fuoriuscito fiorentino e comandante della guarnigione, al quale fu promesso di aver salva la vita e la possibilità di entrare nelle grazie di Cosimo I, se avesse fatto entrare l’esercito fiorentino. Egli dunque, tradendo il suo stesso esercito, aprì una breccia nel sistema difensivo e consegnò al Marignano le chiavi di Monteriggioni, consentendo così alle truppe imperiali di innalzare il vessillo dei Medici sulla porta di San Giovanni. La rocca fu costretta a cedere, gli abitanti furono fatti schiavi e condotti a Firenze. La stessa Siena si arrese definitivamente.
Molto probabilmente Monteriggioni avrebbe mantenuto ancora oggi il primato di impermeabilità, se non ci fosse stata questa azione di corruzione, per il quale si pensa che la cinta muraria un tempo inespugnabile sia diventata una prigione medievale in cui ancora oggi l’anima maledetta del capitano guidata dal rimpianto, vaga per la città alla ricerca del perdono che nessuno gli potrà mai concedere…
Voci di popolo, infatti, narrano dell’esistenza di un cunicolo segreto che, partendo dal pozzo di Piazza Roma, arriva direttamente a Siena. La leggenda narra che, proprio in questa lunga galleria, lo spirito del capitano, logorato dal rimorso di questo imperdonabile tradimento, vaghi alla ricerca di una pace che non troverà mai…
Gli stessi abitanti affermano che nelle notti di luna piena si oda un trottare di cavalli e di lamenti dello stesso Zeti.
Ben oltre la leggenda forse potremmo non solo azzardare che il cunicolo esista davvero, ma anche che sia stato un tempo collegato alla rete di bottini sotterranea che proprio nella città senese serviva per garantire approvvigionamento idrico e sviluppo delle attività manifatturiere.
Articolo e foto Gabriele Ruffoli