Farà sentire la sua rabbia anche una nutrita delegazione della Cgil di Siena alla mobilitazione che i sindacati fiorentini e pratesi hanno indetto per domani, mercoledì 11 dicembre, in occasione dello sciopero proclamato dopo l’incidente sul lavoro alla raffineria Eni di Calenzano.
L’ultimo bilancio dell’ennesima strage parla di quattro vittime accertate. Poco fa infatti sono stati trovati due corpi dei tre dispersi nell’impianto, facendo così salire il conto dei morti.
La Fiom, fa sapere Alice d’Ercole, “ha proclamato quattro ore di sciopero per i metalmeccanici del nostro territorio, articolato in base alle indicazioni aziendali”.
Il segretario provinciale del sindacato non conosce i numeri dei partecipanti senesi alla manifestazione che si svolgerà nella cittadina a nord di Firenze. “Ma sicuramente – chiarisce – la presenza sarà significativa”.
E prosegue: “La nostra provincia non è un’isola felice. Nel 2023 abbiamo avuto il tasso di mortalità più alto della Toscana, ben al di sopra della media italiana. Se l’indice nazionale è pari a 34,6, qui da noi era addirittura di 35”.
Ancora non sono noti i dati sugli incidenti del 2024 che saranno diffusi dall’Inail, “tuttavia, osservando il trend, non possiamo aspettarci miglioramenti rispetto allo scorso anno”, osserva D’Ercole, che poi evidenzia “il contesto drammatico” italiano, con gli infortuni gravi e mortali che “sono peggiorati ulteriormente”.
Per la sindacalista “siamo di fronte ad un numero di tragedie che ci rendono un Paese non civile. Tre persone, ogni giorno, escono di casa per andare al lavoro e non fanno ritorno”. A questo, dice ancora, “si aggiunge la preoccupazione che, spesso, nessuno paghi. Siamo a dieci mesi dalla strage del cantiere Esselunga di via Mariti e non c’è un solo indagato. Si crea così un senso di impunità, dove le responsabilità individuali non vengono mai accertate”.
Secondo il segretario della Cgil senese ci sono anche delle responsabilità politiche chiare: “Questi eventi avvengono nella filiera degli appalti e subappalti, contesti dove sono stati frammentati e scomposti i cicli produttivi – spiega-, facendo perdere il controllo e riducendo drasticamente i controlli necessari. Le assunzioni nel pubblico impiego vengono ridotte, mentre occorrerebbe un rafforzamento del sistema delle ispezioni”.
“Non possiamo accettare un sistema in cui contano solo i ritmi produttivi, mentre i diritti, gli orari – attacca D’Ercole – , i salari e la sicurezza vengono sacrificati sull’altare del profitto. Ciò viola il principio costituzionale della responsabilità sociale. Riforme come il nuovo codice degli appalti, di fatto, indeboliscono le tutele e consentono pratiche inaccettabili, come l’assunzione attraverso somministrazione, rendendo il lavoro ancora più precario e insicuro”.
L’Esecutivo, conclude, “propone soluzioni inefficaci, come la patente a punti: uno strumento che permette alle aziende di “ripulirsi” semplicemente avendo le risorse economiche, senza risolvere il problema alla radice”.
Marco Crimi