Il Vermut (o Vermouth) una bevanda, nata a Torino nel 1786, e un po’ dimenticata nel tempo, sta avendo oggi una sua rinascita. Questo vino aromatizzato alle erbe, in Toscana ha trovato una sua particolare identità, con l’utilizzo dei vini rossi al posto dei bianchi caramellizzati, e i produttori che ne hanno capito l’importanza hanno unito le loro forze per creare una carta etica del vermut toscano. La notizia – riportata da Gambero Rosso – è uscita in occasione del primo Salone del Vermouth che si è tenuto il 5 ottobre a The Social Hub di Firenze. Promotori dell’impresa sono stati: Enrico Chioccioli di Winestillery di Gaiole in Chianti, Tommaso Pieri di Duit di Firenze, assieme al giornalista Federico Silvio Bellanca. A loro si sono associati altri dieci produttori: Nannoni Grappe di Civitella Paganico, Distilleria Elettrico di Livorno, Opificio Nunquam di Prato, Fermenthinks di Firenze, Vermouth Del Mugello di Barberino di Mugello, Senensis Spirits di Castellina in Chianti, Mr Liquor di Lucca, Tenuta Lenzini di Capannori, La Selva di Orbetello e Giochi di Spiaggia di Prato. La carta è comunque una sorta di lettera aperta a tutti i produttori che in seguito vorranno aderire. I valori di cui si fa promotrice la carta etica sono sostanzialmente cinque: 1) utilizzo di vini prodotti nel rispetto della Indicazione Geografica Tipica (IGT) “Toscano”; 2) produzione e imbottigliamento esclusivamente in Toscana; 3) rispetto delle uve, dei vini e dei metodi tradizionali del luogo di produzione; 4) utilizzo di metodi produttivi e materie prime naturali; 5) fedeltà alle origini del Vermouth storicamente prodotto in Toscana. Un punto di partenza che mira a promuovere un prodotto identitario della regione e al riconoscimento di una vera e propria IGT.
Stefania Tacconi
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