Nicolò, Duccio e il senso delle cose è la rubrica settimanale di giornalismo narrativo su Siena proposta da SienaNews. Gestita da due giovani, Nicolò Ricci per la fotografia e Giada Finucci per la scrittura, vuole portare lo sguardo delle nuove generazioni sulla città. Il suo scopo è quello di valorizzare luoghi di Siena attraverso la fotografia e il racconto.
Se il giornalismo d’informazione riveste la missione di trasmettere i fatti così come sono accaduti, il giornalismo narrativo vuole invece trasmettere al lettore, attraverso il vissuto soggettivo del personaggio del racconto, le emozioni che un luogo può donare. La rielaborazione narrativa come modalità per ricostruire l’esperienza soggettiva di abitare propone al lettore una comprensione profonda della realtà e nuovi stimoli all’immaginazione. E’ la prima rubrica che non racconta i fatti su Siena, ma cosa si può provare a viverla.
Piazzetta San Donato passa inosservata. Sommersa in estate dai tavoli del ristorante, vuota d’inverno, se ne sta lì ad aspettare che tu senta la necessità di visitarla.
Camminando da Banchi di Sopra a via Montanini ogni mattina mi reco a lavoro senza che la piazzetta desti in me particolare attenzione. So però che c’è, e in alcune giornate in cui il sole è troppo splendente, gli amici troppo amici e il cibo troppo buono, mi prendo cinque minuti per staccarmi dal flusso impegnato delle vie principali e fare lì una sosta. Entro in questo incavo protetto in cui mi concedo una pausa dal quotidiano e penso a tutto ciò che ho.
In fondo alla Piazza c’è la prima fontana che la città di Siena costruì senza la necessità di attingere acqua. Era una novità, per una città come Siena senza fiumi, quella di poter costruire una fontana a scopo decorativo, veder sgorgare l’acqua per diletto e non per sete. Osservo le forme distese della madre, sommersa da corpi di bimbi: chi succhia avidamente al capezzolo della vita, chi affonda le dita nella carne dei sensi. Chi azzanna una mela, chi grida di rabbia, chi invece dorme sazio e beato. Il cielo, incorniciato dalla fertilità dei frutti e dal buon auspicio delle foglie di vite. L’insegna del Monte dei Paschi sovrastante, a parlare di un’epoca in cui incideva in bronzo caratteri romani sulle sue opere.
Mi interrogo sul rapporto ambiguo che l’umanità intrattiene con l’abbondanza: se da una parte ha trascorso la storia a cercarla, a volersi emancipare dalla necessità cocente del bisogno primario, ancestrale, si chiede adesso se non la faccia ricadere in una maggiore infelicità.
Passiamo la vita a cercare l’abbondanza, il surplus che ci faccia sentire finalmente sazi, per poi accorgersi di quanto la soddisfazione sia effimera e la carenza debba ancora alternarsi a quel tutto affinché il movimento continui. La fame ci è così cara, poiché solo una pancia vuota può desiderare e accogliere nuovi frutti. L’acqua della fontana fuoriesce dal piatto della vasca mentre un nuovo zampillo dall’alto la riempie: si spingono sull’altalena di pieno e vuoto per far rimanere pari il filo dell’esistenza. Piazzetta San Donato sta qui a ricordarcelo: che negli angoli vuoti e dimenticati, a passo fuori dal traffico, si nasconde l’abbondanza.
Duccio
Testo di Giada Finucci
Foto di Nicolò Ricci
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