Nobili, borghesi e plebei. Metamorfosi delle élites dirigenti

Le origini del Palio vedono (non diversamente rispetto ad altre manifestazioni di altre città) un protagonismo egemonizzante da parte della nobiltà, come accade per quasi tutte le feste di piazza, a partire dai primi secoli dell’età moderna, quando si assiste al ridursi quella molteplicità di soggetti organizzatori e partecipanti che le avevano caratterizzate nel Medioevo, in favore della sola aristocrazia.

A Siena in qualche caso perfino giochi come le pugna vengono presi in carico dalla nobiltà, e non ci si stupisce, pertanto, se, abituati a gestire il palio alla lunga e delegati fin dal primo Seicento a organizzare le feste per il santuario della Madonna di Provenzano, i nobili organizzano, così, i primi Palii delle contrade alla tonda. Fino al 1835, tre nobili eletti l’anno prima decidono il premio, sborsano personalmente i soldi necessari a organizzare la festa, discutono con i Quattro Provveditori di Biccherna le regole da applicare per garantire un corretto svolgimento della stessa, commissionano il drappellone ricordo che contiene l’immagine della Madonna e i loro stemmi perché resti memoria di chi si è fatto carico di tutto. Fino al 1835, appunto; poi, nel 1836, sono scelti per far parte dei Signori della Festa Cosimo Finetti, Antonio Bargagli e Giovanni Battista Ottieri Della Ciaia. Sennonché Finetti si tira indietro perché, dice, ha già ricoperto quell’incarico prima.

È un “prima” molto risalente, dal momento che si tratta di trent’anni: 1806. Evidentemente, anche se con un intervallo tanto vistoso, la spesa è tale che l’interessato non si sente in animo di accettare. Finetti viene così sostituito con un altro nobile, Niccolò Bonsignori, il quale, dopo un primo assenso, quando gli comunicano la cifra da pagare (30 talleri), pensa bene di tirarsi, anch’egli, indietro e di chiedere al granduca di essere esonerato da quel costoso onore. E, prendendo la palla al balzo, altrettanto fa l’Ottieri Della Ciaia. Rimane disponibile il solo Bargagli, mentre gli altri si appellano ad una legge granducale del 1774 che abrogava questo privilegio della nobiltà e conferiva alla comunità civica il carico economico delle corse del palio.

Così, in mezzo ai mugugni delle contrade che, leggono questa defezione della nobiltà come un pericolo per la sopravvivenza del Palio stesso, è la pubblica amministrazione a farsi soggetto organizzatore della festa nominando, al posto dei tre originari, due deputati municipali. Sul drappellone vinto dalla Tartuca, sotto l’immagine della Madonna di Provenzano, campiscono, pertanto, la Balzana e il leone rampante in campo rosso del Popolo. Né, da quel momento, si tornerà indietro e il Palio di luglio (aspettando un simile, più tardo, esito anche per quello di agosto) diventa una festa interamente del Comune.

Per saperne di più: Duccio Balestracci, “Il Palio di Siena. Una festa italiana” Laterza 2019