Le indagini sull’omicidio di Alessandra Vanni avvenuto 23 anni fa vanno avanti dopo l’esito negativo del Dna eseguito su un uomo residente nel Chianti senese. I risultati dell’esame sono giunti nella giornata di oggi alla Procura della nostra città.
Uno stop, dunque, agli accertamenti portati avanti dal nuovo gruppo di investigatori voluto dal procuratore capo Salvatore Vitello e dal pm Nicola Marini che sta coordinando in prima persona la rilettura degli atti e documenti legati ad un delitto che in quella lontana e afosa estate del 1997 scosse fin nelle fondamenta Siena. Un omicidio rimasto insoluto e che nessuno ha dimenticato.
Alessandra aveva 29 anni e quella maledetta sera stava lavorando sul taxi dello zio. A quei tempi sui taxi non c’erano tutti i sistemi di sicurezza che ci sono oggi e in più alla ragazza qualche giorno prima si era rotto il cellulare. Dunque era sola. Alcuni colleghi la salutarono in piazza della Posta. Fu appurato che tramite centrale la giovane donna coprì una chiamata dalla stazione alla caserma dei paracadutisti, poi di lei più nulla fino alle 6 del 9 di agosto quando un abitante di Castellina in Chianti la vide dietro al cimitero comunale. Aveva la testa reclinata e pareva dormire. L’allarme scattò quando lo stesso uomo notò le braccia di Alessandra Vanni che abbracciavano lo schienale del sedile di guida e i polsi erano legati con una corda. Una corda comune ma colui (o coloro) che aveva bloccato gli arti superiori della tassista aveva una certa dimestichezza nel legare. I nodi, infatti, erano molto particolari. Alessandra, comunque, si era difesa tanto che sotto le sue unghie furono trovati lembi di pelle e su quei reparti è stato fatto il dna ad un uomo individuato dalla rilettura degli atti.
Dal momento della scoperta del delitto numerosi sono stati gli investigatori che hanno lavorato per dare un nome all’omicida. Furono battute numerose strade, furono fatte indagini su più fronti, ma la fatica non fu premiata. Da allora sono cambiati anche i pubblici ministeri. Oggi è il sostituto procuratore della Repubblica Nicola Marini a portare avanti il caso. Ci sono nuovi strumenti e la tecnologia può aiutare anche se dopo 23 anni non sarà facile rendere giustizia ad Alessandra e alla sua famiglia.
Cecilia Marzotti