Palio di agosto 2016: le pagelle ai fantini

Un Palio emozionante, fatto di pennellate perfette, una corsa magistrale dal sapore autentico: la battaglia vera, il più potente che vince. Sigillando il proprio nome nella storia del Palio. Vediamo nel dettaglio la carriera di ognuno dei dieci fantini. Carriera nella quale riteniamo che anche le prima due mosse fossero valide, comunque ecco nel frattempo gli ordini delle altre due mosse: nella seconda busta l’allineamento tra i canapi prevedeva: Lupa, Aquila, Bruco, Civetta, Pantera, Leocorno, Drago, Tartuca, Giraffa e Nicchio di rincorsa.La terza, invece: Pantera, Bruco, Giraffa, Tartuca, Aquila, Nicchio, Drago, Leocorno, Lupa e Civetta di rincorsa.

Jonathan Bartoletti detto Scompiglio (Lupa): Potente. Irruento. Agguerrito. Da ieri anche meno solo. Come avevamo scritto nell’articolo del 13 agosto, per lui un cappotto sarebbe significato entrare nell’olimpo dei grandi. C’è, con l’alloro in testa. Perfetto.

3-17

 

Giovanni Atzeni detto Tittia (Aquila): Incolpevole del Palio dell’Aquila, Tittia ci ha messo il cuore fino in fondo, ma non ha avuto tregua: l’avversaria lo ha disturbato finché ha potuto. Ottimo a  fuggire dai canapi, poi quando ha potuto liberarsi, ci ha provato fino in fondo ma ormai era tardi. Buono.

 

Andrea Mari detto Brio (Drago): Rivedere la corsa fa notare tanti dettagli: la grinta del fantino, la gomitata di Scompiglio quando lo passa dall’interno, il tentativo di Brio di chiudere la traiettoria alla Lupa senza riuscirci. Ma conoscendo Andrea Mari non possiamo guardare a questi particolari ma alla sostanza: aveva l’occasione perfetta, un’accoppiata perfetta ma non ha fatto ciò che di solito il fantino avrebbe fatto: chiudere il passaggio a chi tenta l’attacco. Abbiamo pensato anche al nerbo legato, solo questo ci spiegherebbe il comportamento insolito. Quindi non possiamo certo definire ottima la corsa.

 

Giosué Carboni detto Carburo (Pantera): Bravo. Bravissimo. Ha fatto perdere il Palio all’avversaria. Nessuno avrebbe scommesso su di lui, presenza ormai lontana dalla Piazza da qualche tempo, nessuno avrebbe creduto nella caapcità del fantino di ostacolare l’avversaria. Lo ha fatto, sembrava quasi fosse in motorino tanto riusciva a seguire l’Aquila ad ogni minimo movimento. Dopo la partenza ha aspettato Tittia, frenando nuovamente la corsa dell’avversaria. Il tutto con quell’espressione un po’ così, che sembra sempre tra le nuvole, apparentemente indifferente mentre Tittia perdeva le staffe. Temerario. Coraggioso. Bravo davvero.

9-15

 

Luigi Bruschelli detto Trecciolino (Tartuca): Poco da dire fin dall’inizio: essere di rincorsa ha tagliato fuori la Tartuca dal provare a vincere. Come accade a tutti nel Palio recente, nel quale partire di rincorsa non permette di fare voli pindarici. Ieri è toccato alla Tartuca ma vale per tutti. Una volta partiti, Trecciolino ha tentato di recuperare ma quando ha tentato subito di impostare traiettorie interne ha trovato davanti tutti gli ostacoli possibili.  Per un attimo ha avuto l’occasione di riprovarci, forse, ma a quel punto era tardi.

 

Carlo Sanna detto Brigante (Leocorno): Abbastanza impossibile giudicare il Palio del Leocorno. Tra i canapi indisturbato, con l’avversaria non si sono nemmeno guardati, così come in corsa. Brigante aveva fatto vedere buoni spunti nei giorni precedenti ma il Palio è stato incolore. Non ha nemmeno mai provato a fare qualcosa. Ha pagato lo scotto del cavallo debuttante. Solo quello?

 

Valter Pusceddu detto Bighino (Civetta): Tra i canapi sembrava che non avesse l’avversaria, anche perché con la posizione più bassa Bighino ha pensato di poter impostare una corsa diversa, nonostante durante le prove avesse fatto capire bene che con posizioni diverse forse si sarebbe partiti molto tardi. In corsa ci ha provato fino in fondo, uscendo da Piazza comunque con grande dignità. Bene anche se Porto Alabe avrebbe potuto permettere di più.

4-17

Sebastiano Murtas detto Grandine (Giraffa): Molto bravo in quell’unico primo giro, bravo anche per l’intelligenza di andare a fermarsi quando ha capito che qualcosa non andava. Buono, dunque, il giudizio.

 

Enrico Bruschelli detto Bellocchio (Nicchio): Bravissimo a uscire svelto dai canapi e a compiere un bellissimo primo giro, poi viene superato dai cavalli più potenti e questo ci sta, nulla da dire. Anche se sembra proprio riprendere in mano il cavallo, a un certo punto. Quando, cioè, lo passa la Lupa. Casomai ci risulta ancora inspiegabile quella caduta in scivolata  a San Martino, dato che si vede benissimo che in realtà Bellocchio non batte nel colonnino, forse ha solo paura che accada. Non ci ha convinto.

Giuseppe Zedde detto Gingillo (Bruco): Considerati i giorni delle prove, ci saremmo aspettati un Palio ben diverso da parte di Gingillo, che invece non ha mai dato colore alla corsa. Ben lontano dalla sufficienza.5-17