Nicoletta Fabio ha parlato di leggerezza come se fosse un mantra nel suo intervento durante la presentazione del Drappellone per il Palio. Ma lo ha fatto perché ci sono delle preoccupazioni, magari sul fronte interno, con le condanne ai contradaioli, che su quello esterno, vista la situazione internazionale? ”
“La situazione esterna a Siena è sotto gli occhi di tutti, anche se è a distanza. C’è chi ci riflette, chi prova a prevenire. Quanto al fronte interno, tutti abbiamo proclamato la nostra capacità di autoregolamentarci, la nostra consapevolezza del mutare dei tempi. Ma al tempo stesso, abbiamo anche espresso con forza il desiderio di riaffermare le nostre tradizioni, in ogni aspetto e in ogni momento. Ora lo dimostreremo”, dice il primo cittadino ai giornalisti.
Passaggi centrali nel suo intervento sono state affermazioni come “godiamoci la festa, riappropriamoci delle nostre radici, facciamo capire davvero chi siamo”. “Può sembrare superfluo dirlo – ha commentato Fabio – , eppure c’è sempre bisogno di ricordarlo. Voglio dirlo soprattutto a noi stessi, perché a volte siamo i primi a smarrire un po’ il senso della Festa. Io stessa, negli anni scorsi, ho evitato di usare questo termine, perché nel Palio c’è anche sofferenza, c’è – se vogliamo – ansia. Ognuno la vive a modo suo. Però ora è davvero il momento di ritrovare il significato autentico del Palio. Non si tratta di essere sfrenati, ma di essere consapevoli e fieri dei valori che rappresentiamo e che viviamo ogni giorno”.
La scelta dell’pittore – senese, contradaiolo ma non artista di professione – ” spiega il senso del concorso – ha aggiunto – . c’era bisogno, secondo me, di riappropriarci persino del Drappellone. La scelta della commissione è stata efficace: i presenti hanno accolto l’opera con grandissimo entusiasmo.
È un’opera molto nostra, molto semplice se vogliamo, ma anche molto diretta. Abbiamo bisogno anche di questo: di immediatezza. Forse c’era bisogno di uscire da certe sovrastrutture e tornare alla carnalità”. Secondo il sindaco l’opera di Manganelli “rappresenta un’apertura al mondo a cui non dobbiamo rinunciare”.