Non c’è bisogno di aspettare la fine dei congressi provinciale e comunale di Siena del Partito Democratico – e sapere chi saranno i due segretari usciti vincitori dal ballottaggio – per tirare un bilancio politico di queste settimane. Con un partito diviso in 4 componenti (renziani tiepidi di Dallai, turbo-renziani con Scaramelli, orlandiani, monaciani), che si sono pesate e misurate e adesso non possono che trovare una soluzione unitaria, proprio nel rispetto delle percentuali raccolte da ognuno. Un partito neanche troppo legato a Matteo Renzi: pronto a sostenerlo lealmente se vincerà le elezioni politiche, ma anche a lasciarlo velocemente al suo destino, senza scossoni, se ci sarà una nuova ondata di centrodestra.
Voglio dare atto al PD senese di aver avuto il coraggio di andare ad una conta vera fra le diverse componenti, anche coraggiosa – rispetto alle finte candidature unitarie del passato o di altre province e città d’Italia – perché a questo punto ci sono i numeri e nessuno può vantare posizioni e forze diverse da quelle scritte con i voti. E mi sembra chiaro che a Siena città, nonostante l’imprevisto secondo posto della scaramelliana e turbo-renziana Ginevra La Russa – evidentemente capace di attrarre voti grazie alla sua credibilità personale e alla novità che rappresenta – l’accordo fra Simone Vigni e Fiorenza Anatrini (due politici che parlano la stessa lingua e sono d’accordo su tantissime cose) è nei fatti e dunque la cosa più intelligente da fare sia un accordo unitario con Stefano Scaramelli e Alberto Monaci – passano i decenni, ma lui il suo blocco di voti se lo conserva sempre – per affrontare in modo adeguato le elezioni politiche, dove insisto a dire che battere il Pd ed il centrosinistra non sarà affatto facile per nessuno.
Lo stesso a livello provinciale: la rimonta di Andrea Valenti su Massimo Bernazzi è stata troppo clamorosa per essere “casuale”. Evidentemente è partito un messaggio chiaro: “portate a votare Valenti chiunque non abbia in simpatia Scaramelli” e così lo hanno tenuto sotto il 50%. Ma chiunque dei due vinca il ballottaggio – grazie al voto dei componenti di diritto dell’assemblea provinciale o all’appoggio della monaciana Raffaella Senesi – non può pensare di governare contro la metà del proprio partito.
Non do invece nessun peso alle polemiche sulla esclusione di un candidato (Cortonicchi), sul suo ricorso respinto a torto o a ragione, sui pasticci procedurali dei circoli che dovranno rifare le votazioni e soprattutto sul numero ridotto dei votanti, che a Siena non ha raggiunto le 700 persone. Sono ormai molti anni che il Pd ha smesso di fare tesseramento, evidentemente nella convinzione che fosse ininfluente dal punto di vista economico (i soldi delle tessere sono spiccioli, che non servono a nulla), e politicamente scomodo: più iscritti ci sono e maggiori sono le difficoltà di controllo quando ci sono appunto i congressi.
Lo stesso criterio che il Pd cercherà di applicare agli elettori senesi: se si astengono in tanti, basteranno pochi per vincere.
Roberto Guiggiani