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Pensioni di oggi e di domani

Mentre il requisito minimo dell’età pensionabile si porta a quota 67 anni nel 2019 per adeguarsi all’aspettativa di vita, si avvicina anche il 15 luglio, primo termine di presentazione per le domande di pensione anticipata sociale e lavoratori precoci (2017). Contraddizione apparente o di sostanza?

Tra i regali della legge Fornero c’è l’innalzamento dell’età pensionabile e, se si sperava per il futuro di non avere variazioni importanti, l’incremento del 2019, invece, sarà quello più intenso finora registrato: cinque mesi per tutti: donne, uomini, dipendenti e autonomi.

Intanto, le domande per andare in pensione prima si portano a oltre 50.000, distribuite in prevalenza in Lombardia, Veneto ed Emilia per i lavoratori precoci e, per l’Ape sociale, nel resto del Paese.

Il punto è che quando si fa una legge uguale per tutti (Fornero), scappano fuori, inevitabilmente, i profili di tutela tralasciati. Oggi la fotografia di richiesta anticipata per l’Ape sociale (reddito ponte) ci racconta un alto numero di richieste per chi è disoccupato e ha esaurito, o sta per esaurire, gli ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi (22.449 domande).

Sono meno, ma ci sono, le categorie di persone che hanno diritto a tale prestazione anticipata. Si tratta di coloro che assistono coniuge e parenti di 1° grado con handicap grave (3651); i cittadini con invalidità civile del 74% (2751); gli addetti a mansioni gravose (2409) che hanno svolto almeno 12 anni di lavoro effettivo prima dei 19 anni e che chiedono di poter bloccare il requisito di versamento contributivo a 41 anni.

Un giovane oggi che comincia a lavorare, se va bene, tra i 30 e i 40 anni, come immagina il suo futuro previdenziale e ritrova la fiducia nel sistema?

Mentre le regole adeguate all’Europa gli dicono che dovrà andare in pensione più tardi, assiste a continue manovre correttive che cercano una soluzione alla discrasia esistente tra lavoro effettivo e possibilità di avere requisiti minimi per vivere la nuova giovinezza in maniera dignitosa. Tale dignità futura dipende dai versamenti del presente, che a loro volta, dipendono dai redditi e, quindi, dal lavoro.

Anche se è evidente che domani occorrerà integrare la pensione pubblica con quella privata, sono appena il 16% i giovani aderenti alla pensione complementare sul bacino dei potenzialmente iscritti (rapporto ANIA). 

Se la realtà peggiora e i numeri non diventano rappresentativi della consapevolezza che lo Stato ha restituito al cittadino la responsabilità della sua tutela in tema di protezione e previdenza, qualcosa nel sistema educativo e culturale non torna. In Giappone si dichiara già da tempo che la durata del lavoro sarà tutta quella possibile, ovvero che lavorerai finché ce la fai: la ricerca scientifica conduce a riparare e a sostituire le parti del corpo. Non è fantascienza, è già realtà.

Mi chiedo se siamo davvero consapevoli o se ancora viviamo di un passato che non esiste più.

Le soluzioni sono sempre politiche. Ma la consapevolezza individuale fa condurre alle scelte politiche del Paese che vogliamo.

Maria Luisa Visione

Francesco Laezza

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