
Facciamo finta che avesse ragione Feuerbach: che l’uomo è ciò che mangia.L’uomo è anche altro (per la verità e per fortuna), ma prendiamolo alla lettera, il nostro Ludwig (1804-1872), uno dei Padri Storici della sinistra hegeliana.
Allora, l’uomo (mi perdoni il sesso femminile: in italiano il neutro non c’è. Sono a disagio anch’io a usare questo termine al solo maschile, ma non è colpa mia); l’uomo, dicevo, se è ciò che mangia è anche un antropofago della sua memoria e della sua identità. Perché l’uomo mangia sostanzialmente il suo territorio, la sua storia, la sua tradizione. Sotto forma di cibo materiale, beninteso.
Magari è convinto di mangiare le stese cose che hanno mangiato, per secoli, i suoi nonni, bisnonni, trisnonni fino alla biblica settima generazione.
E qui, il nostro uomo, la toppa in pieno. Perché noi mangiamo prima di tutto il nostro territorio. E il territorio è un elemento in continua trasformazione.
Mangiamo i suoi prodotti, ma i prodotti sono cambiati nel secoli e non li andiamo più a raccogliere nei campi perché li compriamo al supermercato. Mangiamo il modo di cucinarli, ma il modo in cui li cucinavano le nostre nonne o anche mamme non è nemmeno da vicino quello in cui noi, oggi, elaboriamo e trasformiamo il cibo.
Mangiamo la nostra memoria (tràdita e tradìta) che, nel frattempo, ha incrociato altre memorie, altre culture, altre tradizioni. E inevitabilmente con esse si è mescidata. Se state sognando ancoraggi stabili, ricredetevi: la cultura del cibo non è un approdo stabile. Mangiamo la storia: ma quella in movimento, non la storia “immobile” (che poi manco esiste, la storia immobile). Anche a Siena. Anche noi.
Quelli che consideriamo icone immobili, da sempre esistenti, della nostra mensa sono in realtà elementi in movimento e in trasformazione. Così come lo sono sempre state. Perché: 1) la tradizione è sempre inventata e non esiste in natura; 2) nessuna cultura è “pura” e immutata.Grazie a Dio siamo tutti più bastardi di un gatto a toppe
Perfino il Panforte, pensate un po’!Ne parleremo stasera, alle 18, al Santa Maria della Scala, nell’ambito del festival di Qualivita. Il tema? “Il Cibo di Siena” e cercherò di spiegarvi perché. Ma se vi dirò qualcosa che vi delude, per favore non piangete e non ci rimanete male, che anche noi ci conosciamo bene, fin dalla prima elementare (Pinguini Tattici Nucleari cit.)
Duccio Balestracci