Vivono nell’indifferenza generale, spesso lontane migliaia di chilometri dalle loro famiglie e dai loro affetti, dando una mano ai nostri nonni e ai nostri genitori in età avanzata, nel tentativo di offrire un futuro migliore ai propri figli: si tratta delle assistenti familiari, meglio conosciute con il nome di badanti.
Difficile stabilire quante siano realmente sul nostro territorio, a causa della grande diffusione del lavoro sommerso in questo settore. In linea generale, possiamo dire che l’Italia, assieme a Francia e Spagna, è uno dei paesi che fa il maggior impiego di donne migranti. I dati dell’Osservatorio sui lavoratori domestici dell’INPS ci dicono che dal 1993 al 2013 i numeri sono addirittura quintuplicati, con una presenza straniera del 90% circa. Anche se, di recente, si è registrato un innalzamento del numero delle lavoratrici italiane, dovuto con tutta probabilità alla crisi economica e alla conseguente esigenza di trovare nuove fonti di reddito da parte delle famiglie italiane.
Uno studio pubblicato dalla ONLUS Soleterre – Strategie di pace relativo al 2013, realizzato in partenariato con l’Istituto per la Ricerca Sociale grazie al contributo del Fondo Europeo per l’Integrazione di Cittadini di Paesi Terzi, stima in circa 830 mila le assistenti familiari in Italia, attraverso la comparazione di dati ufficiali e notizie provenienti da fonti informali. Addirittura, soltanto il 43,5% avrebbe un regolare contratto di lavoro.
Per quanto riguarda la nazionalità, la quasi totalità delle badanti presenti sul territorio italiano proviene dai Paesi dell’Europa dell’Est (Romania, Ucraina, Moldavia) e dal Sud America (soprattutto Ecuador e Perù). Si tratta prevalentemente di donne ultraquarantenni, madri di figli che hanno affidato alle cure dei mariti e/o dei parenti nel proprio Paese di origine. Costrette ad essere “madri a distanza”, i loro bambini vengono definiti orfani bianchi: sono i casi delle lavoratrici provenienti dall’Est, meno inclini ad insediarsi in modo stabile rispetto alle colleghe d’oltreoceano. Solo in Romania è un fenomeno che, sempre secondo le stime, coinvolgerebbe il 7% della popolazione fra 0-18 anni, con gravi ripercussioni per i minori dal punto di vista psicologico: depressione, abbandono o scarso rendimento scolastico e delinquenza.
Ma i figli rappresentano anche la spinta per partire. La maggior parte delle badanti sul nostro territorio è stata costretta a lasciare i propri figli per pagare gli studi, per consentire loro di poter raggiungere dei traguardi: la laurea, il matrimonio, una famiglia.
Questo è il caso di Maria, una donna bulgara di 52 anni. È arrivata in Italia nel 2002: “Nel mio paese facevo l’operatore socio sanitario in Ospedale, ma già dopo la caduta del Muro di Berlino, la crisi si faceva sempre più forte.” Anno dopo anno Maria è sempre più in difficoltà “siamo arrivati al punto in cui non sapevo più se saremmo riusciti a mangiare”
Così Maria parte, lascia suo figlio diciassettenne ai familiari e arriva in Italia dove trova lavoro per qualche mese come lavapiatti in una trattoria. “Ma il lavoro che più era richiesto e che mi garantiva un guadagno maggiore era la badante. È un lavoro difficile: i figli ti affidano i loro cari, si crea un rapporto di fiducia che non si può tradire. Io mi sono sempre presa cura di questi anziani come fossero i miei genitori. Infatti in tutte le famiglie dove ho lavorato mi sono trovata bene e siamo rimasti in buoni rapporti di amicizia anche dopo. Solo una volta ho avuto problemi perché mi sentivo come in prigione”.
C’è poi l’altra faccia della medaglia “ho avuto tanti sensi di colpa perché mio figlio era lontano, ma mi dicevo che lo stavo facendo per lui, per la sua vita” Racconta infatti con orgoglio di quel ragazzino oggi uomo che, grazie a lei, è riuscito a raggiungere tanti obiettivi “venendo qua gli ho permesso di studiare, di laurearsi. Gli ho potuto comprare la casa, pagare il matrimonio. Oggi ha un buon lavoro, una bella famiglia. Ho una nipotina bellissima. Però riesco ad andare a trovarli solo una volta all’anno”.
Maria, con il suo viaggio, ha potuto dare le ali al figlio e ora che ha spiccato il volo mi dice “adesso che lui è indipendente, è arrivato il momento di pensare un po’ a me. Ho trovato lavoro in una ditta di pulizie. E metto da parte un po’ di soldi per il futuro”
Questa è la storia di Maria e quella di tante altre donne che arrivano nel nostro Paese e che spesso guardiamo con timore, pregiudizio. Complice la cronaca che ci racconta i casi di badanti maltrattanti o che compiono furti in casa. La realtà invece è che la maggior parte di loro sono madri non molto diverse da quelle italiane che si svegliano la mattina e si mettono in macchina per andare a lavoro e garantire un futuro ai propri figli. Anche per le badanti è così, ma il loro viaggio è più lungo e la sera non possono tornare a casa dai figli che corrono loro incontro.
Selene Bisi
Giulio Mecattini