Il Santo Natale è alle porte e come ogni anno assistiamo a una sorta di nevrosi di massa caratterizzata dalla rincorsa a regali più belli, più opportuni, quelli che pensiamo possano essere i più graditi o quantomeno, apprezzati. Talvolta doniamo un regalo con il cuore, altre volte regaliamo un dono per convenienza o opportunità, se non per dovere. Alcuni regali eviteremo volentieri di farli, mentre altri doni non riusciremo a farli come vorremmo. In ogni caso, nel corso di questa settimana, tanto cara ai negozianti, riceveremo e faremo probabilmente regali con la stessa naturalezza con cui salutiamo distrattamente un conoscente incrociato per strada. Questa scintillante frenesia natalizia, che talvolta sembra aver assunto più le sembianze di un baccanale dionisiaco piuttosto che una sacra ricorrenza, pone l’uomo occidentale, che grazie alle proprie capacità introspettive non perde mai occasione di criticare la commercialità del Santo Natale, su un filo teso tra l’essere altruista e l’essere egoista: gradiremo trovare un dono sotto l’albero e saremo felici per il sorriso che un nostro regalo avrà spontaneamente generato in un nostro caro. Da molti è sostenuta la tesi che il possesso di beni materiali non sia, di per sé, garanzia di felicità. L’acquisto di alcuni beni è spesso sotteso dalla promessa di felicità che il possesso di alcuni oggetti prelude. In realtà, non possiamo dire con certezza che questa promessa venga sempre mantenuta. Gli esperti del settore descrivono il livello di felicità personale come una percezione intrinseca, vulnerabile e instabile. Il livello percepito di felicità varia anche in base ai regali che riceviamo? Alcuni ricercatori hanno indagato questo amletico dubbio, valutando proprio la variabilità del tasso di felicità in relazione alla tipologia di doni ricevuti. In altre parole, quali regali hanno la capacità di produrre appaganti e duraturi effetti psicologici sia nel donatore che nel ricevente? Diversi studi, pubblicati su autorevoli riviste scientifiche, si sono occupati di questo argomento. Per rispondere a questa domanda dobbiamo preventivamente considerare che esistono due differenti categorie di regali: quelli materiali e quelli esperienziali. Tra i primi rientra tutto ciò che possiamo possedere, utilizzare, in altre parole, tutto ciò che possiamo avere. I regali esperienziali invece, non sono basati sul principio dell’avere, ma sul principio dell’essere. La distinzione tra queste due categorie, tanto cara a Eric Fromm, determina due classi di regali decisamente differenti nella sostanza e nei loro effetti. I regali materiali sembra che siano capaci di produrre un discreto piacere nel breve termine ma non hanno la capacità di modificare, nel suo complesso e in modalità stabile, il benessere psicologico che il soggetto percepisce. In altri termini, il possesso del bene materiale non rende soddisfatti chi non è felice nella vita. Che effetti hanno invece i regali esperienziali? Tra questi possiamo citare viaggi, soggiorni, concerti, spettacoli o più semplicemente, del tempo da passare insieme. E’ stato osservato che queste esperienze sono meno suscettibili di saturazione edonica e hanno la capacità di favorire la sintonizzazione tra esseri umani che a sua volta, in qualità di animali sociali, sostanzia un’importante parte della nostra identità. Paradossalmente i beni materiali sembrano avere una maggior durata: un iPhone dura, se non cade rovinosamente, più di un’Opera condivisa con mamma e più di una partita alla stadio condivisa con babbo. In realtà, questa maggior durata è apparente, non sostanziale. I regali esperienziali infatti hanno la capacità di lasciare un ricordo, un’emozione che può durare tutta una vita, oltre al vantaggio di favorire la connessione emotiva tra di noi e i nostri cari. Di queste esperienze, ovviamente, ne beneficia anche il donatore, non solo il ricevente. Chi riceve e chi fa un regalo esperienziale favorisce la relazione, tocca le proprie e dell’altro corde emotive e incentiva la gratitudine. Questi aspetti hanno la capacità di rendere ancora più umano l’essere umano. Tutto ciò non è scontato. Le parole di Eric Fromm: “Nel diciannovesimo secolo il problema era che Dio è morto; nel ventesimo secolo il problema è che l’uomo è morto”. Ecco, possiamo iniziare a recuperare l’uomo anche da ciò che regaliamo. Buon Natale!
Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo e Dottore di Ricerca in Psicologia
Psicoterapeuta Ufficiale del Centro di Terapia Strategica