Quando arriva la tempesta: come le crisi rivelano il vero valore di una persona
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La metafora attribuita a Seneca secondo cui “i bravi marinai si vedono nei momenti di crisi” è uno dei modi più efficaci per leggere complesse dinamiche di vita. Il mare, da sempre simbolo dell’imprevedibilità della vita, restituisce un’immagine chiara: quando il vento è favorevole, chiunque può tenere il timone; quando arriva la tempesta, emergono competenze, carattere e soprattutto la capacità di affrontarlo.
Nei contesti di crisi — personali, relazionali, organizzativi — si attiva una selezione naturale delle risorse: ciò che appariva solido viene scosso, ciò che era invisibile prende forma. Ed è proprio in quella soglia tra ordine e caos che si definisce la qualità di un individuo o di una squadra. Il momento di crisi non è solo un carico da sopportare, ma un amplificatore di ciò che già esiste. Le persone che appaiono sicure in condizioni normali possono rivelare fragilità inattese quando la situazione degenera; al contrario, individui silenziosi e poco visibili possono sorprendere per la lucidità e la prontezza che mostrano sotto tensione.
La crisi, quindi, non crea competenze, ma le rivela. Un bravo marinaio non è colui che non prova paura, ma colui che sa riconoscerla senza farsene travolgere. La paura, come ogni emozione primaria, è un segnale adattivo: indica ciò che conta e ciò che potrebbe andare perduto. Nella crisi, l’obiettivo non è eliminare la paura, ma trasformarla in coraggio.
Un elemento cruciale è il “come” affrontiamo le nostre emozioni. La tempesta psicologica che accompagna una crisi è spesso più insidiosa delle difficoltà concrete.
Le ricerche sulla resilienza mostrano che le persone formate a tollerare l’incertezza sviluppano una sorta di flessibilità interna che consente loro di adattarsi più rapidamente. Non si irrigidiscono, non cercano di mantenere un controllo impossibile, ma si muovono con la situazione. È il principio del “essere flessibili per non spezzarsi” tipico delle discipline orientali e applicato oggi nella psicologia dell’emergenza. Il marinaio esperto sa che opporsi alla forza dell’acqua è inutile; deve invece trovare la rotta giusta per navigarla. Allo stesso modo, nella vita, la resistenza cieca aumenta l’attrito, mentre l’accettazione attiva permette di investire le risorse dove servono davvero. Dal punto di vista strategico, la crisi è anche un laboratorio decisionale. Le scelte devono essere rapide, spesso basate su informazioni incomplete, e ogni decisione può avere conseguenze sistemiche.
In questo contesto, emerge una differenza fondamentale tra chi agisce per evitare il danno e chi agisce per generare opportunità. I bravi marinai non mirano solo a sopravvivere alla tempesta: cercano di sfruttarla. La crisi diventa una leva, un contesto che consente movimenti impossibili in condizioni normali.
Essere un bravo marinaio non è una qualità innata né un tratto di personalità definito una volta per tutte. È una competenza che si costruisce attraverso l’esposizione graduale alle difficoltà, l’apprendimento dagli errori e la crescita attraverso l’esperienza. In questo senso, la crisi è anche un allenamento.
Le persone che hanno attraversato tempeste emotive o professionali, hanno più probabilità di sviluppare capacità adattive: sanno come reagisce il proprio sistema interno sotto pressione, riconoscono i segnali precoci di scompenso e costruiscono routine mentali per mantenere la rotta. Paradossalmente, chi non ha mai affrontato una vera avversità può risultare psicologicamente meno preparato quando arriva il primo vero urto. Come dice un antico proverbio marinaro: “un mare calmo non ha mai fatto un marinaio esperto”.
Accanto alla dimensione individuale, esiste quella sistemica. Nelle barche, così come nei team o nelle famiglie, la crisi rivela la qualità delle relazioni. La comunicazione diventa cruciale: un ordine non chiaro, un fraintendimento, una tensione non gestita possono compromettere la manovra. I gruppi più efficaci sono quelli che hanno sviluppato fiducia reciproca prima della tempesta: fiducia che non significa accordo permanente, ma la certezza che ciascuno farà la sua parte. Dal punto di vista psicologico, questo rimanda al concetto di sicurezza relazionale, fondamentale nelle dinamiche di squadra.
I bravi marinai sanno che nessuno può affrontare da solo un mare agitato e che la chiara distinzioni dei ruoli è un fattore di sopravvivenza. Le crisi più difficili sono quelle in cui, oltre all’ambiente esterno, bisogna gestire la disgregazione interna del gruppo. Nel mondo delle organizzazioni, il vero leader è colui che riesce a mantenere coesione emotiva, anche quando le informazioni sono scarse e gli scenari incerti.
Il mare insegna un altro concetto fondamentale: non si può mai avere il controllo totale. Questa consapevolezza — accettare che il rischio non può essere eliminato, ma solo gestito — è una delle differenze principali tra chi affronta le crisi con lucidità e chi ne rimane schiacciato. La ricerca mostra che le persone che tollerano l’ambiguità, ovvero l’assenza di contorni definiti, tendono a prendere decisioni più efficaci nei contesti turbolenti.
Il bravo marinaio non pretende che il meteo cambi; cambia la sua strategia. La flessibilità diventa così un fattore protettivo, una forma di intelligenza situazionale che permette di valutare nuove traiettorie. La rigidità mentale, al contrario, è spesso ciò che affonda le navi. In altre parole, i bravi marinai non nascono nella quiete: si forgiano nella tempesta, imparano dal vento, ascoltano il mare e scoprono, ogni volta, qualcosa in più su se stessi. E forse è questo il vero messaggio: non possiamo evitare tutte le tempeste della vita, ma possiamo diventare persone in grado di navigarle. Come ricordava Ernest Hemingway, “il mare ti regala sempre una nuova possibilità”. Sta a noi decidere come coglierla.
Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo, Psicoterapeuta, Dottore di Ricerca in Psicologia, Sessuologo, PsicoOncologo Ricercatore e docente del Centro di Terapia Strategica di Arezzo Professore a contratto Università degli Studi eCampus e Università degli Studi Link di Roma