Quando si parla di ferie e manca il lavoro

Un po’ questa cosa di pontificare sulle vacanze – da fare in Toscana o altrove – mi disturba.
Non tanto per il luogo – Toscana o altro poco cambia – ma per il contesto, la situazione, tempi e, non ultimo, il metodo. E per in altra cosa. Delle due l’una: o chi esorta alle vacanze lo fa per cèlia oppure non sa come funziona il mondo. In ogni caso è un problema. Serio.
Le aziende sono state due mesi senza lavorare, i dipendenti a casa, il mercato scomparso, i pagamenti procrastinati e, ciò che più preoccupa, con aspettative pressoché nulle per il futuro. Ma qualcuno pensa che ci sia un meccanismo “off-on” per cui il giorno che si riparte si riparte tutti. E quindi di lavora un mese e poi si va in ferie. Certo: si va in ferie senza cassa integrazione, senza soldi, senza una banca che conceda finanziamenti all’azienda dove si lavora e senza che il pubblico faccia il minimo sacrificio. Proprio in questi giorni ho letto di bilanci con utili considerevoli e presentati con toni trionfalistici da diverse public utilities. Io penso differente. E penso che più che alle vacanze occorrerà pensare al lavoro: unica cosa che può garantire il futuro. A meno che non si viva da categoria protetta ed allora tutto può essere concesso: anche la demagogia. Anche il disprezzo verso chi deve leggere tali (vaneggianti) discorsi.
Viva il lavoro, viva l’Italia.

Luigi Borri