Skyline, Siena
Lo aspettavamo tutti, ieri sera, il nuovo documentario di Luigi Maria Perotti prodotto da Rai5. Lo aspettavamo con curiosità perché il titolo “Siena, il senso della vita”, preludio al Palio come metafora dell’esistenza, è qualcosa che molti (troppi) hanno provato a raccontare nel tempo e nessuno (faccio eccezione per “Bianco rosso celeste – Cronaca dei giorni del Palio di Siena” di Luciano Emmer e correva l’anno 1963 e per la puntata de “Il testimone” del luglio 2009 che Pif dedica, appunto, al Palio) lo ha mai saputo fare. Troppa retorica, troppa ridondanza, troppo voler fare e dire tutto e troppo di un qualcosa che si racconta meglio da sola. Così, tutti eravamo curiosi di conoscere – ben sapendo che spesso i prodotti Rai sono ottimi – quale linea avrebbe seguito il giornalista per raccontare il Palio come metafora di vita.
E invece eccoci qui, a scrivere quanto quello di ieri sia stato uno dei documentari più brutti mai realizzati sulla città: una prima parte dedicata al Palio – video ripresi da archivi o forse proprio da Youtube – che però risulta molto marginale rispetto all’intero contenuto e poi una vera e propria accozzaglia di temi e persone, dall’ago all’aeroplano, dal Palio all’intelligenza artificiale passando per le energie rinnovabili, l’agricoltura sostenibile, il teatro amatoriale, la storia di singoli che alla fine non hanno cambiato la storia, e così via in un susseguirsi di dialoghi che hanno dimenticato di carpire “il senso della vita” lasciando spazio al ritratto goffo e grottesco dei senesi. Se anche ci fossero stati temi interessanti da approfondire, e ce n’erano, tutto è stato preso e messo lì, senza una narrativa piacevole e godibile, senza senso. La città ma soprattutto i senesi dipinti come un popolo di sempliciotti amanti del vino e del teatro (amatoriale).
Infatti, alla fine, il giornalista si chiede “la domanda resta aperta: qual è il senso della vita? Se la sorte smettesse di decidere e il Palio non avesse mai fine, il teatro della vita continuerebbe a riempirsi?”
Nel mentre che cerchiamo di interpretare il significato di tale amletico dubbio (per favore, chi di voi ci riesce, me lo dica), viene quasi da rimpiangere quando ci raccontavano in altri programmi e in altre reti come grandi protagonisti di festini. Almeno, in quella versione, ci si divertiva.
Katiuscia Vaselli
(si ringrazia per la foto Claudia Tognazzi)
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