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Retromarcia sulla cessione dei crediti d’imposta: qual è la vera ragione?

Metti che in uno dei tanti viaggi di ritorno in treno, dopo due giornate di formazione, ti capita di confrontarti sulla cessione dei crediti d’imposta, che, in pratica, da essere incentivata come accessibile e facile, diventa all’improvviso impossibile da fare, e l’interlocutore non capisce, perché ci aveva contato….

È di questo che si tratta, di aver fatto un progetto, in cui, per un giovane, anche una fattura di poche migliaia di euro da scontare ha il suo peso nel bilancio di fine anno, ma quel progetto è da rivedere perché da pochi giorni sono stati chiusi i rubinetti di intermediari e banche. Per altri magari gli importi sono più ingenti tanto che interviene il Ministro dell’Economia Giorgetti e assicura che per i crediti esistenti verrà trovata una soluzione, ma spiega anche come si tratti di una faccenda diventata insostenibile per il bilancio dello Stato e che aver pensato che un credito d’imposta equivalga a moneta è un errore.

Insomma, nonostante un Decreto Legislativo, c’è da rivedere la questione perché sembra che non sia stato ben calcolato l’impatto sui conti dello Stato. Intanto, passa con il Decreto Legislativo Aiuti quater la riduzione del Superbonus da 110% a 90%, a partire dal 2023, salvando in maniera transitoria chi ha già iniziato i lavori e presentato la Cila. Ma se poi non si troverà chi sconta i crediti, si apre un problema di liquidità per le imprese e per i cittadini, non meno grave di quello delle casse dello Stato.

Tuttavia, l’orientamento ormai appare chiaro: una retromarcia netta per il futuro, in quanto probabilmente non verrà garantita la cessione dei crediti d’imposta, ma rimarrà valida la detrazione nei dieci anni successivi. Le due opzioni, però, sono ben diverse per il contribuente, in quanto, nel caso della detrazione si tratta di un risparmio fiscale non immediato di cui usufruirà chi ha già le risorse economiche oggi da spendere e la capienza fiscale per recuperarle gradualmente. Mentre il favore che ha incontrato la cessione dei crediti di imposta, nonostante il costo non di poco conto applicato dal cessionario, è dovuto proprio al fatto di anticipare il denaro con l’obiettivo di riaverlo in parte subito.

Sono molte le persone che si sono avvicinate a un progetto casa e, nonostante l’incertezza e il mondo capovolto degli ultimi due anni, hanno guardato avanti con fiducia. Non sono certo solo i più abbienti, né tantomeno coloro che hanno approfittato dell’opportunità, anche illegalmente.

Mentre faccio questo ragionamento in treno ho una certa amarezza perché alla fine quel giovane troverà una soluzione, o almeno, ciò sembra assicurare il Governo, per il suo piccolo progetto e il suo piccolo credito da monetizzare, che, però, è grande di importanza per lui che sta costruendo qualcosa con il suo primo lavoro.

Per la Modern Monetary Theory, invece, la moneta è per sua natura un credito d’imposta, in quanto è l’unico strumento accettato per assolvere agli obblighi fiscali. Pertanto, i crediti di imposta immediatamente monetizzabili assumono assolutamente funzione di moneta e con essi si possono pagare le tasse. 

Il fatto che lo Stato oggi accettandoli incassi meno tasse e quindi ha il problema dell’aumento del deficit dipende dalla cessione di sovranità monetaria derivante dalle regole europee. Ma questa è un’altra storia.

Maria Luisa Visione

Francesco Laezza

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