La struttura architettonica singola, più significativa e qualificante, fra tutti gli edifici costruiti dell’Ospedale Psichiatrico di San Niccolò, è indubbiamente il Reparto Conolly. Nel suo insieme invece, il nostro Manicomio, che si estende su un’area di quindici ettari, presenta una disposizione del tutto particolare. La disposizione cioè “a villaggio disseminato” delle varie costruzioni, o “stabilimenti”, tipologia piuttosto rara fra la settantina dei vari ospedali psichiatrici italiani. Gli edifici costruiti in quello di Siena sono una trentina. Tutti importanti, ognuno significativamente destinato a funzioni diverse. Ciascuna necessaria in una piccola città, autonoma, indipendente, autosufficiente. Dalla officina all’orto, dal teatro alla falegnameria, dal laboratorio alla scuola, dalla centrale elettrica all’acquedotto: tante strutture, tanti mestieri e tanti lavori. Per tutti. Uomini e donne tutti lavoravano, non certo gli ospiti del Conolly. Era una città ideale, in linea con le utopie rivoluzionarie del settecento e dell’ottocento. Simile a quelle costruite negli Stati Uniti, che sopravvissero poche decine d’anni. Il San Niccolò invece ha avuto un destino diverso. E’ vivo e vitale ormai da duecento anni, e si è trasformato oggi in una piccola città piena di iniziative, di strumenti culturali, di strutture creative, ricreative e riparative.
Il Padiglione Conolly, al contrario, è chiuso da anni, dimenticato, abbandonato. Ma merita un futuro diverso. Degno dei suoi valori e dei suoi significati. Ci sono stati è vero recentemente dei lavori di riparazione. Ma è poca cosa , troppo poco; questo e deve essere soltanto l’inizio.
Anche la Repubblica ormai, sostiene con Siena News, la campagna del FAI per salvare il reparto dei “clamorosi”. I matti più pericolosi e difficili.
Ma l’ “architettura della sorveglianza” ha una storia antica, e delle testimonianze imponenti e indimenticabili. Non è soltanto la strabiliante e stramba invenzione di un filosofo di fine ‘700: Jeremy Bentham. Il Panopticon, ovvero la casa d’ispezione, pubblicato nel 1787, non è unicamente il progetto di una prigione ideale, è molto di più. E’ quello di una struttura architettonica indispensabile “sia che si tratti di punire i criminali incalliti, sorvegliare i pazzi, riformare i viziosi, isolare i sospetti, impiegare gli oziosi, mantenere gli indigenti, guarire i malati, addestrare quelli che vogliono entrare nell’industria, o fornire l’istruzione alle future generazioni […] .
E non c’è da dimenticare che il panopticon è il nucleo centrale del capolavoro di Orwell Nineteen Eighty-Four 1984, pubblicato nel 1948. Innumerevoli poi gli approfondimenti, le elaborazioni, le critiche, gli allarmi sull’invasione, il potere, la dittatura, la disumanizzazione sempre più incombente e pervasiva, del Grande Fratello. Oggi per ciascuno di noi, purtroppo, onnipresente e onnipotente.
Ma restiamo soltanto alle immagini, a testimoniare soltanto alcune strutture di controllo per “punire i criminali incalliti”. Costruite e utilizzate nel passato ormai remoto. Una è particolarmente maestosa ed incombente. Tre strutture insieme, ad abundantiam. Nota soprattutto per aver ospitato, “ospitato”, Fidel Castro dal 1953 al 1955. Era stato condannato a 15 anni di prigione, ma ritenuto, dopo due anni, ormai non più in grado di “disturbare” il Dittatore Batista. Venne condonato e liberato. Mai giudizio fu più balordo, e Castro restò al potere fino alla sua morte, nel 2016. Ora è un po’trascurata. Autun, in Francia è un altro carcere. Piuttosto ben restaurato anche se non in uso. Sempre fantastico quello di Santo Stefano, Ventotene, dove nacque la nostra Repubblica, e la nostra Libertà.
Costante Vasconetto