“Frammenti di un discorso amoroso” (1977) costituisce, insieme a “La camera chiara” (1980), l’estremo saluto di Roland Barthes al mondo. E se anche tutto il resto della sua produzione fosse andato perduto, basterebbero questi due diamanti purissimi a giustificare il ruolo centrale da lui occupato nella cultura francese del secondo dopoguerra. Proprio a “frammenti di un discorso amoroso” s’ispira lo spettacolo “Schēmata. Figure in movimento”, ideato dalla prof.ssa Laura Magnano (sua è anche la regia) con la collaborazione della prof.ssa Laura Cappelli, andato in scena al Teatro dei Rinnovati lo scorso 19 aprile, in occasione della Notte Nazionale del Liceo Classico (decima edizione). Dico s’ispira, dal momento che il testo di Barthes costituisce solamente il punto di partenza di un viaggio affascinante attraverso il vasto territorio delle letterature classiche e delle letterature moderne. Infatti, per mezzo di rimandi, echi, citazioni dirette, l’opera di Platone, dei tragici greci, dei poeti elegiaci latini è recuperata e collocata accanto a quella di Shakespeare, di Marguerite Yourcenar, di Pavese, di Nietzsche, con la conseguenza che le figure del capolavoro di Barthes – dove la parola “figura”, riferita al discorso dell’innamorato, non va intesa in senso retorico, ma ginnico o coreografico – acquistano nuovi riflessi in direzione dell’universale: l’assenza, l’attesa, la dichiarazione, il corpo, il pettegolezzo, la magia, la tenerezza, l’unione, la verità vengono sì indagate in ciò che è stato esperito e reso parola, reso in parola, reso con parola; soprattutto, però, vengono colte nel loro continuare a essere, nel loro poter farsi di nuovo “Dis-cursus”. Alla fine, infatti, ogni soggetto amoroso odierno, che ama “e non è amato” e che, sono sempre parole di Roland Barthes, “pensa continuamente a esserlo”, finisce col replicare, in qualche misura, il soggetto amoroso di ieri.
Il sapiente “montaggio” del testo in “Schēmata” appare abbracciare pure l’ambito musicale, se è vero che anche qui diacronia e affinità tematica generano un intarsio melodico unitario – la “sceneggiatura” c’è, s’impone con la forza dell’evidenza allo spettatore-ascoltatore – e, al contempo, variegato (come accade, in musica, con la variazione, si pensi a quel modello luminoso rappresentato dalle “Variazioni Goldberg” di Johann Sebastian Bach).
Gli studenti del Liceo Classico di Siena (poco meno di cento) e gli orchestrali (alcuni studenti sempre del Liceo Classico, altri del Liceo Musicale, nel complesso circa una ventina), diretti con grande sapienza da Leonardo Romeo, danno vita sulla scena al testo senza neppure trascurare la componente dell’espressività fisica: la danza, il movimento dei corpi, la mimica facciale, la gestualità marcata accompagnano, integrandole, le parole e le note. L’esito finale è uno spettacolo di grandissima originalità, che non replica, ma rilegge e interpreta “Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes.
Francesco Ricci