La rivelazione della “proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee” ad ospitare rifiuti radioattivi ha prevedibilmente scatenato la reazione delle amministrazioni locali e dei cittadini che vivono vicino alle 67 località selezionate in questa prima fase. Come è noto c’è anche una non meglio definita zona compresa fra Trequanda e Pienza, sia pure in una seconda fascia di idoneità, ed il “fronte del no” ha subito usato come argomento quello della incompatibilità fra una tale destinazione di uso ed il fatto che si tratti di una zona non solo di eccezionale bellezza
ambientale, ma di uno dei più preziosi patrimoni dell’umanità, con ben due siti inseriti nella speciale lista dell’Unesco: la Valdorcia e la città di Pienza. E, se posso aggiungere una nota personale, con gli oliveti più belli che io abbia mai visto, soprattutto fra Trequanda e Petroio.
Non ho alcuna competenza tecnica per giudicare la carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e dunque mi astengo da ogni commento in merito. La notizia mi ha invece riportato alla mente altri episodi del genere, in
merito alle conseguenze che scelte del genere possono avere sui flussi turistici di una zona.
Il “totem” in materia è sicuramente la pista da sci realizzata a Copenhagen, capitale della Danimarca, proprio sul tetto di un termovalorizzatore, un capolavoro disegnato dall’architetto Bjarke Ingels e realizzato da un’azienda italiana per dimostrare che le emissioni nocive sono proprio a livello zero.
Sarebbe assolutamente sbagliato pensare che siano solo stravaganze da civiltà nord-europee.
Ricordo con un sorriso, la battaglia di Renzo Macelloni, storico sindaco di Peccioli (in provincia di Pisa) per realizzare visite turistiche all’impianto di smaltimento dei rifiuti Belvedere, per dimostrare come una “discarica” potesse avere un impatto ambientale molto basso. Fino a costruire un autentico anfiteatro – il Triangolo Verde – inaugurato nel 2017 proprio all’interno dell’impianto.
Ma in trent’anni di riunioni, incontri e dibattiti sul turismo, l’unica domanda a cui non ho saputo rispondere è stata quella sull’impatto di costruire pale eoliche: è uno sfregio paesaggistico che respinge i visitatori oppure un segnale attrattivo perché dimostra positiva attenzione verso le energie rinnovabili? Ancora oggi oscillo fra le due risposte: sono favorevole all’energia eolica, ma ammetto – non senza un lieve imbarazzo – che ogni volta che mi capita, taglio fuori le gigantesche pale dalle foto che poi pubblico su Facebook ed Instagram.
Roberto Guiggiani