Diventa veramente difficile vedere la linea di confine tra il surreale e il reale ormai.
Leggi l’allarme sui conti bancari e depositi a rischio e poi scorri i pareri della BCE che “mirano a migliorare l’attuazione dello strumento del bail-in previsto dalla direttiva 2014/59/UE” e ti chiedi se sia possibile pensare che esista un modo per migliorare il fatto che la ricaduta di un fallimento bancario sia a carico di chi, a qualsiasi titolo, ha investito il suo risparmio in una banca. Parole ridondanti come rischio sistemico, contagio, costi, crisi e risoluzione hanno un unico corollario: stabilità finanziaria, da tutelare sempre e comunque.
Come occorre rivedere la gestione delle crisi bancarie secondo la BCE? Riservandosi la possibilità di sospendere il pagamento di determinate obbligazioni e/o di certe passività bancarie, quali i depositi, tutti, anche quelli sotto i 100.000 euro. Potrebbe accadere cioè che domattina non posso ritirare i miei depositi, temporaneamente (per un periodo di 5 giorni) e mi sarebbe permesso, invece, di accedere al mio denaro solo con piccoli prelievi giornalieri. Si tratterebbe di casi eccezionali, prima dell’intervento di risoluzione. Lo scopo è gestire la fuga dai depositi, ma mina profondamente, a mio avviso, quello sprazzo di fiducia ancora esistente nel sistema bancario italiano e europeo.
Perché sembra che ci abituiamo a tutto. Una volta nessuno avrebbe messo in discussione la solidità del sistema bancario italiano. Nessuno avrebbe permesso di recepire una direttiva come quella del bail-in che assegna gradi di priorità, per “promuovere una più efficace e più efficiente azione di risoluzione”, non definendo regole che separino in maniera netta e incontrovertibile, ex-ante, i soldi dei risparmiatori dal calderone delle perdite. Regole che separino senza alcun dubbio il rischio della gestione bancaria dal rischio della gestione finanziaria. Ci siamo abituati al “too big to fall”, mentre apparivano mix di soluzioni per chi stava già fallendo e ora arriva la proposta di una moratoria, il pre-bail-in per “prevenire il grave deterioramento del bilancio di un istituto di credito”.
Ricordo ancora il mio primo colloquio di lavoro in banca a Firenze; entrai in punta di piedi, col cuore in gola per aver avuto una tale possibilità, ero al centro della storia dell’antica arte dei contabili fiorentini. La mia laurea trattava di crisi bancarie, una delle prime, cigno nero in un mondo ovattato dove i competitors si davano ancora una mano. La banca era un’istituzione e ricopriva un ruolo sociale, sosteneva le piccole e medie imprese e ti sentivi sicuro di affidarti. Ero fortunata e privilegiata.
Non so se il parere della BCE dell’8 novembre che introduce la possibilità di bloccare d’imperio temporaneamente le disponibilità sia a azionisti e creditori che a depositanti, troverà poi una veste normativa vera e quando si potrà pensare che siamo pronti a recepirla. In gioco c’è proprio la fuga dai depositi che a quel punto riguarderebbe tutto il sistema bancario indistintamente e che è un pericolo che non possiamo permetterci di correre.
Ma quando accadrà, dove finiranno i soldi dei depositanti?
Maria Luisa Visione