Se tutto è un’emergenza qualcosa non funziona.
E non è, poi, che l’Italia sia diversa, troppo diversa, dagli altri paesi .
O meglio lo è: lo è per la grandezza del suo popolo, per la bellezza della sua conformazione, per l’unicità dei suoi beni storici e artistici, per la ricchezza della sua storia, per l’unicità delle sue contraddizioni.
E per la ritualità, quasi atavica, delle sue emergenze. Mai risolte.
E allora sì. L’Italia è diversa e noi ci dobbiamo convivere, con questo scarso senso logico. O meglio, il senso logico e la soluzione ci sarebbero (caratteristiche innate di noi italiani) ma fa più comodo mettere in moto l’emergenza che avere lungimiranza e prevenire.
Un mondo a parte perché, qui da noi, tutto è un’emergenza: tanto le cose governabili che quelle ingovernabili e, quindi, lasciate al fato ed alla forza della natura.
Negli ultimi mesi si è passati dall’emergenza terremoto, all’emergenza lavoro, all’emergenza pensioni, all’emergenza governo, all’emergenza banche, all’emergenza alluvioni, all’emergenza incendi, all’emergenza acqua.
Quotidianamente siamo confrontati all’emergenza traffico, all’emergenza parcheggi, all’emergenza scuole, all’emergenza lavoro, all’emergenza rifiuti, all’emergenza tasse.
Era un’emergenza il G8, lo era l’organizzazione dei mondiali di calcio, lo era pure, per venire ai nostri tempi, la tragedia dei tifosi in piazza a Torino oppure la gestione del concerto di Vasco Rossi dove, per fortuna (e solo per fortuna) non è successo niente.
Per non parlare dell’emergenza migranti.
E allora occorre dire la verità: e cioè che la soluzione di emergenze implica organizzazione e lungimiranza.
Se non le hai non le hai e, ergo, non risolvi: poco importa se la colpa è un po’ nostra (la tipica infingardia mediterranea) o, principalmente, dei nostri governanti (più attaccati allo strapuntino che al futuro del paese) .
La questione è che ad adesso siamo vacanti sia in reazione organizzativa che in capacità prospettica per cui andiamo in confusione, non risolvendo ma puntellando le cose.
E’ stato fatto per il comparto economico ( leggi tipo il job act o la riduzione di uno zero virgola dell’irpef o gli 80 euro sono pannicelli caldi), per quello bancario (si salvano le banche ma non si riformano le governance bancarie lasciando liberi soggetti che hanno rovinato il sistema in posizioni di comando), per la gestione del territorio (le alluvioni in Liguria e la tragedia di Rigopiano invocano giustizia ancora) e per quella, grave, dell’immigrazione (dove ci fanno le bucce e la morale pure nazioni quali l’Austria e l’Ungheria, alla quale- non si dimentichi- paghiamo annualmente i debiti di entrata in europa).
Solo puntelli, niente di definitivo per risolvere queste problematiche, come se il concetto di “una botta e via” potesse valere per programmare il futuro di una nazione che è sempre fra le più importanti del pianeta; ma questo è il livello delle persone che noi abbiamo chiamato a governarci e questo va, di conseguenza.
Da parte mia mi preoccupo molto. Tutto è sempre un’emergenza. E allora mi viene una domanda.
E se ai nostri potenti non ne fregasse una beata mazza di quello che succede e ci prendessero costantemente in giro, annunciando rimedi e soluzioni che poi non mettono mai in atto?
Viva, sempre, l’Italia.
Luigi Borri