Parte de mio sangue viene da lì, dal Castello di Fosini. I miei nonni Martellucci, spostandosi tra i vari poderi della tenuta, vi hanno abitato fino al febbraio del 1962. Mio babbo è nato a Riscone (poi hanno vissuto alla Torricella vicino a Gerfalco, alla Ripa, alla Mammoleta, ai Tre Colli). Al castello di Fosini mio babbo andava (o meglio, faceva finta, di andare) a scuola, con mia zia Annetta che credo sia l’unica bambina che ha fatto la prima, la seconda, poi l’hanno bocciata e ha rifatto la prima. Mio babbo era felice in quel mondo antico, povero, ma vero, viveva dell’essenziale, ma era felice, perché l’essenziale non erano i soldi ma i rapporti umani. Infatti anche oggi, ad oltre ottant’anni, appena può ci torna perché lì sono le sue radici, ben salde, come un albero.
Ma pensavate di cavarvela con vicende melense di famiglia senza “beccarvi un po’ di storia? Comodi oggi.
Il Castello di Fosini è situato a 639 metri s.l.m., sovrastato dal promontorio del gruppo montuoso delle Cornate di Gerfalco e appare come una poderosa fortificazione arroccata su uno sperone calcareo che guarda la Valle del Pavone a strapiombo sulla stretta gola del Rio Riponti.
La sua struttura segue una sagoma quadrangolare disposta attorno a un cortile centrale e vi si leggono ancora testimonianze di epoche diverse: quella feudale (in cui si riscontrò al castello la presenza della popolazione più numerosa), fino a quella vescovile, passando per il periodo mediceo, per arrivare ai giorni nostri che vedono il maniero in stato di degrado, purtroppo e che necessita di cure urgenti che lo riportino al suo antico splendore.
Fu realizzato intorno al X secolo, a guardia delle miniere d’argento sparse nella vicina zona di Poggio Mutti. Appartenne ai Vescovi di Volterra, per passare nel 1135 alla potente famiglia dei Conti Pannocchieschi, ricchi feudatari e proprietari di oltre 30 castelli e numerosi possedimenti nel Volterrano. In seguito divenne proprietà del Comune di Siena e della Contea di Elci, mentre, agli inizi del XX secolo, divenne della dinastia dei Baroni Sergardi.
Nel corso della sua storia il castello ha subito diversi rimaneggiamenti con aggiunta di ambienti ed elementi architettonici che seguivano il gusto del periodo in cui venivano eseguiti: conserva ancora il mastio quadrato, la torre principale e il belvedere. Come ogni antico castello che si rispetti, anche quello di Fosini ha il suo leggendario fantasma. Si narra, infatti, che Ilario Brandani, noto come negromante, conoscitore di antiche formule per evocare i morti, vi abbia vissuto al castello, proprio negli anni in cui un’epidemia di “morbo oscuro” colpì gran parte dell’Italia Centrale. Si dice che egli fosse stato l’unico a riuscire a scampare al malanno e che avesse ostinatamente continuato a sopravvivere da solo al castello in preda alla pazzia, in mezzo a decine di cadaveri. Si racconta, così, che dopo la morte il suo fantasma, rimasto imprigionato tra quelle mura abbia a lungo vagato in quei luoghi inquietanti e che ancora oggi continui ad aleggiare condannato all’eterna ricerca dei suoi compagni.
Giungendo ad epoche più recenti, durante il diciannovesimo secolo la proprietà venne condotta con la forma mezzadrile fino al 1964, quando venne esplicitamente vietata la stipula di nuovi patti di mezzadria. Da allora il Castello fu abbandonato perchè con la fine del sistema mezzadrile la campagna non garantiva più alle famiglie il livello minimo di sussistenza. E così inizia lo spopolamento e il trasferirsi, delle famiglie, nei vari paesi, magari alla ricerca di lavori meno pesanti e più “sicuri” di quelli agricoli. E così fecero i mei che si trasferirono a Montecastelli Pisano, ultimo baluardo della cinta difensiva pisana contro Siena. E lì, a Montecastelli Pisano iniziò la mia storia. Proprio in un 19 dicembre. Come oggi. Solo era giovedì e nevicava.
Maura Martellucci
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