Una provocazione ma forse nemmeno più di tanto perché in questa lettera rivolta alla città di Siena e al Comune c’è quella dose di genuina onestà e di amore per le proprie radici che va oltre. Una lettera, appunto. E’ quella che due giovani imprenditori senesi hanno scritto pubblicamente. Una riflessione e un’idea, che riportiamo integralmente.
“E’ ormai di dominio pubblico la notizia che – da qualche settimana a questa parte – un’altra istituzione senese, l’Enoteca Italiana, ha terminato i suoi giorni di gloria dopo che il Consiglio comunale di Siena ne ha deliberato lo
scioglimento.
Storica eccellenza cittadina – unica enoteca nazionale riconosciuta quale ente di Diritto Pubblico sin dal 1933 – l’enoteca di Fortezza Medicea ha svolto per decenni un lavoro promozionale in Italia ed all’estero: con eventi e
manifestazioni internazionali, con l’inaugurazione di una sede a Shanghai, con i partner VinItaly e Veronafiere, con la creazione della “mostra permanente” di più di 1.500 vini italiani, con tante pubblicazioni quali la Carta dei vini italiani Docg e Doc o l’Altante dei Territori del vino italiano etc etc…
La mancanza di finanziamenti, generata a cascata dal disimpegno da parte del Monte dei Paschi, ha gradualmente portato a questa dolorosa chiusura…
L’ultimo di una lunga serie di tracolli e fallimenti in città derivanti dalle gravi difficoltà di MPS e della crisi economica degli anni ’10 di questo secolo che viviamo.
La frustrazione dei senesi in questi anni si è pian piano andata anestetizzando, e non sempre il cittadino ha avuto le forze per reagire, protestare, lottare contro il decadimento di un benessere e di una ricchezza economica, ed anche
culturale, del proprio territorio. Non sempre una soluzione era a portata di mano perché istituzioni quali il Monte, l’Unisi o l’Azienda Ospedaliera Senese non potevano essere salvate, riqualificate o risollevate da iniziative di privati
cittadini…
Il caso di Enoteca Italiana, con le dovute proporzioni, fa ancora più rabbia… Perché in questo caso, invece, una struttura più gestibile e con un campo di interesse più circoscritto aveva migliori possibilità di essere salvata per tempo, tanto più che il settore vinicolo è tra i primi settori economici ad essersi risollevato dalla crisi in questa Italia 3.0…
Allora noi del Vinaio di Furio vogliamo lanciare una proposta, una provocazione nemmeno poi tanto scherzosa… Ci proponiamo di prendere in gestione Enoteca Italiana! Ci proponiamo di rilanciare questa storica attività con un
nuovo progetto imprenditoriale moderno ma anche rispettoso della tradizione…
Perché? Perché siamo dei giovani senesi che si sono a dir poco “stancati” di veder crollare pezzo dopo pezzo gli stendardi gloriosi della propria storia cittadina… Perché di vino ci occupiamo ormai da anni con una storia
imprenditoriale di successo che ci ha portati a trasformare Il Vinaio di Furio da bottega a brand, da bottega a evento di richiamo (l’Aperifurio) ed infine da bottega a franchising con l’apertura di una seconda sede milanese, Il Vinaio di
Furio – Milano… Perché ancora? Perché è giusto che i senesi siano i primi a ricucire le proprie ferite, perché è giusto che le istituzioni vengano messe in difficoltà con proposte coraggiose e valide a tal punto da trasformare un eventuale “no” in una risposta improbabile…
Nella nostra avventura milanese, con l’inaugurazione e la crescita del Vinaio di Furio – Milano abbiamo imparato una lezione importante su di noi stessi, sulla nostra appartenenza al territorio… L’essere diventati involontariamente
ambasciatori dei prodotti senesi e di Siena, l’essere diventati divulgatori dello spirito creativo, imprenditoriale e – perché no – anche culturale della nostra città ci ha ricordato la fierezza e la responsabilità di essere toscani e senesi,
anche in un momento nel quale – purtroppo – la connotazione della senesità fuori dalle mura è avvolta da una patina di negatività…
Le soluzioni formali per rendere concreta questa nostra proposta sono possibili e percorribili, da perdere c’è davvero poco e da guadagnare forse moltissimo…
Si creerebbe un importante precedente in positivo: un esempio di transazione tra pubblico e privato attraverso la quale la città potrebbe iniziare a risollevarsi con le forze dei propri giovani più capaci, caparbi e coraggiosi“.
Giacomo Guidi e David Marzi
de Il Vinaio di Furio