Il pane della politica è davvero duro sette croste. Se ne sta accorgendo in questi giorni anche Luigi De Mossi (nella foto, sotto). Doveva essere il “cavaliere bianco” che entrava in città da Porta Camollia con un’armatura lucente, fra due ali di folla plaudente alla testa di una invincibile armata civica, capace di schierare insieme tutte le opposizioni compatte, dagli ex-socialisti di Mauro Marzucchi fino a Forza Italia, e si ritrova invece a dover candidarsi alla disperata, senza nemmeno essersi messo il vestito buono, per cercare di tenere insieme un ben più modesto listone civico, che rischia di sgretolarsi. E potrebbe essere davvero questione di ore.
Perché non è facile tenere insieme anime e sensibilità politiche così diverse e diventa ancora più difficile quando lo stesso De Mossi si trattiene dal candidarsi a spada tratta – per opportuna prudenza, a mio parere – avvertendo qualche scricchiolio e senza avere le necessarie garanzie di sostegno da parte di chi, come ho già scritto, oggi flirta con il listone, ma potrebbe poi essere bruscamente richiamato all’ovile del centrosinistra o del centrodestra, sulla base dei risultati delle elezioni politiche di febbraio 2018.
Se perfino Alessandro Corsini, che cinque anni fa fu il candidato sindaco della lista 53100 – entrata nella piccola storia della politica senese come il più grande fallimento elettorale del dopoguerra – si può permettere il lusso, pochi giorni fa, di dichiarare sui giornali che De Mossi è soltanto uno dei candidati possibili del listone civico, e sarebbe senz’altro meglio che si potesse scegliere fra più nomi, significa che la situazione è grave, anche se non seria, secondo il meraviglioso aforisma coniato da Ennio Flaiano.
Qualunque sia, a questo punto, la scelta di De Mossi, è chiaro che lo scenario è cambiato. E che la sua candidatura si troverà di fronte non la marcia trionfale che aveva magari sognato – e che lo avrebbe sicuramente posto come il candidato da battere – ma la solita, estenuante mediazione al ribasso fra piccoli ras di piccoli partiti, che non avranno alcun timore di dirgli: “se vuoi che ti appoggiamo, allora…”, facendo intravedere la possibilità di staccarsi e di candidarsi per conto proprio.
Roberto Guiggiani