Alberto Monaci, lei è il veterano della politica senese. Siamo in piena campagna elettorale e le prossime politiche di marzo avranno certo ripercussioni sulle amministrative di maggio (o giugno) a Siena. E’ d’accordo?
“Assolutamente d’accordo”.
In che modo?
“La sera del 4 marzo, i risultati che verranno fuori dalla tornata elettorale legislativa potranno sostenere con maggior vigore alcune ipotesi o altre”.
La sera del 4 marzo sarà anche la data che deciderà eventualmente un discesa in campo di Monaci e dei suoi? E’ strano che lei stia a guardare in silenzio… Sta solo aspettando, giusto?
“Noi (associazione Confronti, ndr) notoriamente con Valentini abbiamo chiuso ogni rapporto dopo averlo realmente sostenuto nella precedente campagna elettorale senza avergli mai chiesto niente. La nostra chiusura non è dunque relativa a una trattativa infelice alla quale ha risposto ‘no’. Piuttosto, si tratta di un discorso di gestione sua. Sicuramente, se la proposta che fa il Pd è Valentini, qualcuno scenderà in campo. Io aspetto con tranquilla serenità, al di là anche di chi verrà candidato nei collegi di Siena e dintorni. Il livello nazionale ha vocato a sé le scelte per i vari candidati per i vari collegi, quindi è inutile fare la rivoluzione. Se il partito ha accettato questo, deve accettare fino in fondo i passaggi”.
Quindi che idea ha del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan candidato nel collegio di Siena?
“Padoan lo ritengo della Torre. Merita tutto il mio rispetto ma io so’ dall’Oca”.
Torniamo a Siena e alle prossime amministrative perché nonostante la chiusura con Valentini, Monaci rimane in area Pd….
“Vediamo dopo il 4 marzo che succederà. Intanto precisiamo che dire che Siena è messa male è una definizione tenue. Siena è a una svolta e se per caso si sbaglia la svolta, per me poche ipotesi rimangono. Ci resta quello che ci hanno lasciato gli antenati: la torre del Mangia sperando che non prenda fuoco, il Duomo, il patrimonio artistico. Una ricchezza inestimabile molto più raffinata del petrolio: arricchisce ma non inquina. E non può essere strumentalizzata per belle frasi o qualche visita prestigiosa. Di qui si deve ripartire, salvaguardare, difendere, valorizzare il territorio e pensare a una persona che abbia una sensibilità idonea con una prospettiva più ampia e lungimirante”.
Questa è la descrizione di qualcuno…
“No. E’ solo un ribadire la chiusura a Valentini. E se il Pd candiderà lui, allora noi ci riterremo liberi cittadini…”.
Ma insomma, questa campagna elettorale forse più di quella di cinque anni fa (nel 2012 forse il colpo era ancora troppo fresco e non assimilato) presenta il conto alla classe politica dirigente che ha determinato le sorti della città e della sua banca negli ultimi 30 anni. Lei ne ha fatto parte completamente…
“Non ho nulla da inventarmi. Ero dipendente di Banca Mps, avevo i miei impegni politici nella vecchia Democrazia Cristiana e per motivi familiari e di salute non avrei voluto spostarmi da Siena eppure mi mandarono a Roma, in parlamento. Mi fu imposto di andare a Roma pur di non avermi tra i piedi. Ero a Roma anche nel marzo del ’78 quando un amico mi chiamò per dirmi dell’agguato e del rapimento di Aldo Moro da parte delle brigate rosse. Decisi che non sarei scappato nonostante il pericolo di quel periodo. Non sono indietreggiato davanti alle pallottole, figuriamoci se lo faccio davanti alle chiacchiere. Ho fatto tante scelte ma non ho mai interferito dall’interno sulle scelte relative a Mps”.
Un argomento a lei particolarmente caro è la sanità: parliamo dell’ospedale senese, delle luci e delle tante ombre che vi si annidano…
“Se si va avanti così, si rischia di avere un ospedale da campo”.
E di chi è la responsabilità?
“Dell’incompetenza e del nepotismo. Il Santa Maria alle Scotte aveva ottime performaces, ora è al lumicino e lo sarà sempre di più se l’attuale direttore Giovannini non darà un cambiamento. Ma la responsabilità maggiore, negli ultimi anni, appartiene all’università che è stata con le mani in mano e ha lasciato che fosse distrutto tutto. E’ possibile risparmiare lo sfinimento dell’ospedale, basta riprendere in mano le redini con energia. Questa realtà senese ha ancora ottime ragioni per essere punto di riferimento per ricerca e per assistenza. Vanno necessariamente aggiornate alcune cose ma non per dare sfogo a qualche muratore per rifare muri e controsoffitti, prima di tutto va difeso con i denti il valore della sanità, dell’offerta didattica, della ricerca. Si può imparare a dire ‘no, grazie’. Anche alla Regione, come ho fatto io rinunciando al vitalizio e venendo via. Si può, si deve scegliere. La componente universitaria è stata tralasciata e qui la colpa è del rettore, che finora magnifico non è stato. E’ il momento che Francesco Frati intervenga con l’autorità che gli deriva in quanto massimo rappresentante dell’Università di Siena, contrastando tutte le scelte che tendono a ridimensionare pesantemente il ruolo della Facoltà medica senese, nell’interesse presente e futuro della città e della cittadinanza tutta. E’ la politica vera e non quella pre-elettorale, a dover cercare e trovare delle soluzioni a problemi più che conosciuti e noti ai cittadini. Perverso è mortificare chi lavora davvero, con professionalità ed onestà intellettuale, sottoponendosi a turni faticosi a cui spesso viene negata una giusta carriera legata cioè alle capacità professionali. Il processo di ‘regionalizzazione’ dell’Azienda Ospedaliera Senese si consuma in silenzio. Ma c’è un ben preciso disegno, ai limiti della liceità amministrativa, e senza informazioni ufficiali ai dipartimenti interessati (universitari ed ospedalieri), è avvenuta la scomparsa di Unità Operative Complesse a direzione universitaria e la trasformazione delle stesse Unità Operative Complesse (UOC) a direzione ospedaliera (vedasi il caso di Chirurgia 1, guidata dal professor Armenio prima e dal professor Tansini poi, ed ora messa a concorso per un primariato ospedaliero) ed il contemporaneo aumento numerico delle Unità Operative Semplici (UOS) e Semplici Autonome (UOSA) sempre a direzione ospedaliera”.
Katiuscia Vaselli