Ma si può vedere quello che fu l’onnipotente “partitone” – il Pd senese – che non sa come far fuori il sindaco attuale e spera in una sentenza del Tribunale per costringerlo al ritiro, senza sporcarsi le mani?
Eppure è proprio così. Leggendo i comunicati delle varie componenti del Pd, sembra infatti che Bruno Valentini non piaccia proprio a nessuno: non ad Alberto Monaci, non a Franco Ceccuzzi, poco al segretario comunale Simone Vigni, proprio per niente a Stefano Scaramelli ed ai turborenziani. Gli unici che lo sostengono, tiepidamente e senza sudare troppo, sono i cosiddetti orlandiani, che con la loro lealtà “tattica”, sperano di lucrarne qualche vantaggio di posti, ben oltre la loro effettiva forza, in caso di riconferma.
Tutti d’accordo sul “cambio di passo”, ma privi della forza politica necessaria a scegliere un altro nome, anche perché va trovato qualcuno che non sposti l’ago della bilancia a favore di uno o l’altro dei leader. E che sia pure disposto ad affrontare le elezioni primarie contro Valentini, se non arriverà appunto la sentenza per vicende legate al suo precedente mandato di sindaco a Monteriggioni. O non gli sarà trovato prima un altro posto di suo gradimento – a Firenze o a Roma – per convincerlo a non ricandidarsi.
Diciamolo francamente: che il candidato del Partito Democratico a sindaco di Siena sia Bruno Valentini, Fulvio Bruni o qualcun altro interessa soltanto a pochi addetti ai lavori. Qualunque scelta avrà appunto un peso sugli equilibri interni del partito, ma a livello cittadino non cambierà nulla: sarà sempre un esponente di quel “sistema Siena” che ha portato la nostra città al disastro. Perché alla fine, dovrà avere la approvazione (e di conseguenza il controllo) di coloro che hanno in mano le chiavi del partito da decenni, o di qualche loro “delfino”, che nel frattempo si è staccato per cercare una propria crescita ed una propria autonomia. Ma le logiche di governo e di amministrazione saranno le stesse.
Poi, certo, entreranno in ballo le capacità personali e – soprattutto – la capacità di lavoro e di stare 12 ore al giorno sul pezzo, a Palazzo Pubblico ed in città, ma l’autonomia di pensiero e di manovra sarà sempre limitata, come lo stesso Valentini si è accorto in questi cinque anni, e ogni velleità di innovazione sarà rapidamente annullata.
Alla fine, quindi, tutti i dirigenti del Pd sono lì a sperare in una sentenza del Tribunale, per cambiare candidato sindaco senza doversene assumere la responsabilità di fronte agli elettori. Non perché Valentini sia così amato dai cittadini senesi, ma perché il tentativo di restaurazione e conservazione dei soliti noti sarebbe davvero troppo sfacciato.
Roberto Guiggiani