Posso capire che le candidature alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica non siano entusiasmanti, non accendano la passione politica ed a qualcuno possano fare anche schifo, come è stato ampiamente scritto su Facebook. Ma, onestamente, non mi sembrano così scandalose, e soprattutto ognuna di esse corrisponde ad una logica ben precisa.
Partiamo da Luigi Di Maio. Con centinaia di nomi da gestire, poteva anche non sapere che la candidatura di Salvatore Caiata in Basilicata sarebbe stato un siluro perfetto per affondare il Movimento 5 Stelle a Siena. O forse qualcuno gliel’aveva anche detto, ma ha preferito provare a vincere a Potenza e dintorni anziché prendere 3 o 4 punti percentuali in più a Siena, restando comunque lontani da ogni ipotesi di ballottaggio e dunque di vittoria.
Anche la scelta del Partito Democratico di affidare un collegio supersicuro al ministro Pier Carlo Padoan non mi sembra affatto scandalosa. E’ vero che Siena capoluogo non esprime un suo candidato, a certificare l’impotenza del Pd senese, ma non dimentichiamo che Susanna Cenni rimane, al suo terzo mandato, e quindi con una dimensione di dirigente nazionale. E che l’alternativa a Padoan era Luigi Dallai, deputato che in questi cinque anni ha svolto con serietà e correttezza il proprio lavoro, ma niente di più. Non è che sia stato lasciato a casa un gigante della politica senese. Peraltro Dallai ha adesso in mano un “credito” da riscuotere nei confronti del partito, anche a livello nazionale: hai visto mai che non li possa venire utile per candidarsi a Sindaco di Siena…
Orrendo invece è stato – questo sì – il comportamento che il Pd ha tenuto nei confronti di Vittoria Doretti: non si espone una figura così qualificata e prestigiosa ad una candidatura, per poi relegarla in una posizione in cui è impossibile essere eletti, per fare posto ad un sottosegretario qualsiasi.
Contro l’invincibile Padoan (che se resta ministro può essere utile referente per Siena, ma se il Pd dovesse andare all’opposizione non so quanto avrà tempo e voglia di fare il deputato qualsiasi) il centrodestra ha intelligentemente schierato il leghista Claudio Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega e consigliere regionale. Uno che non ha nulla da guadagnare e nulla da perdere in questa sfida elettorale, se non dare visibilità ed ossigeno alla Lega senese, che ne ha bisogno disperato dopo che l’esclusione – brutale ed immotivata – dei due dirigenti storici Maurizio Montigiani e Francesco Giusti, ne aveva messo a repentaglio la stessa esistenza. Voti leghisti che faranno invece comodo per le elezioni comunali di maggio.
E poi c’è Fulvio Mancuso per Liberi e Uguali, che utilizza al meglio questa occasione per dimettersi da una Giunta in cui da mesi, meglio: da anni, è soltanto formalmente il vicesindaco e costruirsi invece una notorietà su un’ampia fetta di Toscana, un lavoro che potrà venire utile per il suo vero obiettivo, che è quello di fare il consigliere regionale nel 2020.
Roberto Guiggiani