Potete trovarlo interessante o noioso, divertente o stucchevole, potete seguirlo per lavoro o per diletto, o addirittura per passione politica, ma a questo punto tutto questo susseguirsi continuo di interviste e dichiarazioni, comunicati stampa e incontri con i cittadini, nomine di assessori e ospitate in televisione, sospiri ed ipotesi sulle prossime elezioni comunali senesi vale praticamente zero.
Adesso quello che contano non sono le parole, ma sono i voti che ciascuna forza politica sarà in grado di prendere alle elezioni politiche del 4 marzo, perché solo con i numeri in mano si potrà capire lo stato di salute – e dunque la capacità attrattiva – degli attori in campo.
Il parametro su cui misurarsi saranno le elezioni politiche del 24-25 febbraio 2013, cinque anni che possono sembrare lontani, ma che sono invece molto più vicini di quello che si possa pensare.
Allora il Partito Democratico guidato da Pierluigi Bersani raccolse a Siena città 11.513 voti, pari al 34,23%. Se l’effetto di avere un candidato famoso come il ministro Pier Carlo Padoan permetterà di replicare quel risultato, chiaramente il Pd si troverà in una posizione di grande forza e potrà dettare le condizioni dell’alleanza a tutti coloro che adesso cercano di smarcarsi dal legame con il “partitone”. Se invece, causa anche le mini-scissioni di Possibile e MdP, il Pd dovesse scendere sotto il 30%, è evidente che si troverà in una posizione di debolezza e saranno gli alleati a fare la voce grossa e chiedere contropartite pesanti (in assessori e presidenze) per garantire il loro appoggio alle elezioni comunali.
Cinque anni fa – magari pochi lo ricordano – anche a Siena ci fu il boom del Movimento 5 Stelle: 7047 voti e 20,95%. Ma qui la situazione è diametralmente opposta a quella del Pd. Non c’è un candidato forte come Padoan, ma un candidato disconosciuto con tanto di comunicato stampa dai 5 Stelle senesi. Se però, nonostante questo, il Movimento dovesse rimanere oltre il 20%, si potrebbero superare difficoltà ed incomprensioni e ritrovare l’entusiasmo. Un risultato sotto il 15% sarebbe invece una disfatta e la rinuncia ad ogni ambizione per Palazzo Pubblico.
Il centrodestra – allora indebolito anche dalla presenza di Scelta Civica di Mario Monti che conquistò allora 3696 voti pari all’11% – nel 2013 non riusci ad andare oltre al 20,48%, con 6887 voti. La linea di galleggiamento è quella: se non si attesta almeno al 25%, anche sull’onda dei sondaggi favorevoli a livello nazionale, diventa difficile pensare di poter veramente essere competitivi per eleggere un sindaco. Se invece dovesse addirittura superare il 25%, la consapevolezza di essere forti potrebbe anche portare alla scelta di non appoggiare Luigi De Mossi, ma esprimere un candidato dal proprio interno.
E sulla base dello stato di salute delle tre principali forze politiche, si capirà anche quanto è lo spazio di consenso a disposizione di Pierluigi Piccini, a questo punto unico vero candidato civico in corsa.
Roberto Guiggiani