Stalking, se il carnefice è donna: incredibile odissea di un senese

Una vicenda incredibile, di persecuzione e stalking che è diventata una vera e propria odissea per un senese, noto contradaiolo, cinquantenne. Stavolta la vittima è un uomo che per un eccesso di confidenza è stato costretto a denunciare l’amica conosciuta in chat. E lunedì scorso, la ragazza residente a Firenze e che oggi ha 40 anni, è stata condannata a 21 mesi di reclusione (pena sospesa) e al risarcimento di 6mila euro per danni. I fatti risalgono a tre anni fa e per la prima volta, l’uomo che lavora come artigiano, sposato e padre di una adolescente, ha deciso di raccontare la sua storia.
Partiamo dall’epilogo, è finito l’incubo…
“Si, per fortuna. Un incubo che durava da troppi anni. Una situazione difficile da affrontare, più che altro mi ha messo in difficoltà in tutti i settori privati della mia vita. Per un anno e mezzo mi ha massacrato di messaggi, telefonate, contatti sui social. E ogni volta ho cercato di bloccarla, ma non è servito a niente perché riusciva sempre a rintracciarmi. La condanna è una liberazione da tutto”.
Come è iniziata questa storia?
“In modo molto normale. L’ho conosciuta sui social dove è facile fare amicizie virtuali. In privato abbiamo chiacchierato spesso, per due-tre mesi. Io sono una persona socievole e quando ci siamo visti a Siena l’ho conosciuta personalmente”.
Qualcosa di clandestino?
“Assolutamente no, ci siamo visti in centro in due occasioni. E tra noi non c’è mai stato alcun tipo di rapporto intimo. Nessun coinvolgimento fisico e tantomeno sentimentale da parte mia”.
Non era il suo amante?
“Assolutamente no. Era una amicizia come ne ho tante e costruite sui social. Una cosa molto tranquilla”.
Eppure la ragazza ha frainteso…
“Evidentemente sì. Perché ha iniziato ad avere un atteggiamento molto pressante nei miei confronti fino a confessarmi di voler diventare la mia amante. Non voleva però che io lasciassi tutto per diventare il suo fidanzato o marito, voleva frequentarmi solo intimamente ed avere il possesso di me”.
E lei?
“Mi ha infastidito e le ho detto che non avrei più avuto intenzione di proseguire in questa amicizia”.
La sua amica?
“E’ cambiata. Ha iniziato a tempestarmi di messaggi, telefonate. Mi diceva che era innamorata, che voleva stare più tempo con me. Ho cercato di farla ragionare, di farle capire che non era possibile. A quel punto è degenerato tutto. A momenti di tranquillità ne alternava altri con minacce. E’ arrivata perfino a contattare mia mamma e mia zia dicendole che era incinta e mi dovevo assumere le mie responsabilità. Tra l’altro questo è avvenuto dopo un anno e mezzo che io avevo troncato tutti i rapporti”.
Quando ha deciso di denunciarla?
“Quando ho capito che la situazione non era più risolvibile e poteva degenerare in violenza. E’ venuta perfino sul mio posto di lavoro, si è trasferita addirittura nella mia contrada chiedendo di diventare protettrice, riusciva a rintracciarmi anche nelle associazioni che frequentavo. Poi alle minacce sono seguiti gli auguri di morte alla mia famiglia. Mia moglie era al corrente di tutto, l’atto finale è stata la denuncia”
Le cose che l’hanno ferita di più?
“Il fatto di essermi rapportato con una persona in modo onesto e gentile. La risposta è stata che ha cercato di farmi del male”.
Cosa le ha insegnato questa storia?
“La conferma di avere una bella famiglia, soprattutto mia moglie. E anche una contrada che ha capito la mia situazione facendo quadrato intorno a me. Più volte durante il processo è stata avanzata la richiesta per un accordo. Ma io non l’ho mai voluto fare, non era giusto quel male ingiustificato che mi ha fatto. Purtroppo la gentilezza può essere fraintesa ed io l’ho pagata cara”.

S.N.