Le vacanze, per definizione, dovrebbero rappresentare un momento di rigenerazione. Tuttavia, per molti ragazzi e adulti, lo smartphone resta incollato alla mano anche sotto l’ombrellone.
Secondo recenti indagini, gli adolescenti tendono ad aumentare l’uso dei dispositivi digitali d’estate, in assenza di una routine strutturata, con conseguenze su sonno, umore, socialità e benessere psicologico. Come dimostra un recente studio, pubblicato nel Journal of Adolescent and Youth Psychological Studies, un uso eccessivo del digitale, specie la sera, compromette la qualità del sonno, alimenta stati di agitazione e riduce il benessere emotivo. Ma il problema non è solo quanto tempo si trascorre davanti allo schermo, ma come e perché lo si fa.
Le scienze psicologiche ci insegnano che ogni comportamento, anche se disfunzionale, ha una funzione. Lo smartphone non è solo uno strumento tecnologico: è un rifugio emotivo, un anestetico contro la noia, un surrogato relazionale. Ecco perché i divieti rigidi, soprattutto con adolescenti, sono spesso inefficaci o controproducenti. Al contrario, occorre intervenire sui significati e ridefinire le abitudini, in modo graduale e condiviso. Ecco alcune strategie pratiche ispirate all’approccio strategico e supportate da evidenze scientifiche.
In primis, all’interno del contesto familiare dovrebbe essere condiviso un “patto estivo” sul digitale. Coinvolgere i figli (o se stessi) in un vero e proprio “patto” di autoregolazione estiva può trasformare il controllo in una conquista. Il patto dovrebbe includere: orari di utilizzo concordati (es. max 2 ore/giorno); zone “no screen” (es. tavola, letto, spiaggia); attività alternative da pianificare (sport, lettura, hobby, uscite); obiettivi volti ad un incremento del benessere (es. qualità del sonno, tempo all’aria aperta, relazioni reali). Il patto funziona se è percepito come una sfida e non come una punizione. Per questo va co-costruito e monitorato settimanalmente, rinforzando i successi.
Secondo punto: sostituisci, non sottrarre. Questo punto fa riferimento al principio dell’alternativa. Il cervello non gestisce bene il “vuoto”: ogni riduzione di abitudine va sostituita con qualcosa di altrettanto gratificante. Studi sul digital detox hanno mostrato che adolescenti coinvolti in percorsi strutturati di sostituzione (es. sport, arte, meditazione, giochi di gruppo) hanno migliorato significativamente sia la qualità del sonno che il benessere generale. Per esempio, la sera potrebbe essere sostituito lo scrolling notturno con la lettura di un romanzo, podcast rilassanti o journaling. Durante il pomeriggio potrebbero essere programmare attività offline con amici, mentre al mattino si potrebbe iniziare con una routine di attivazione (musica, colazione e la definizione dell’obiettivo del giorno).
Un altro punto riguarda i rituali di disconnessione serale. Secondo molti riocercatori, uno dei meccanismi neuropsicologici più colpiti dall’abuso digitale è il ciclo sonno-veglia, con un forte impatto su regolazione emotiva, ansia e umore. Potrebbe essere fissato un “coprifuoco digitale” 90 minuti prima del sonno, lasciando i dispositivi fuori dalla camera da letto, praticando una routine di rilassamento (stretching, respiro quadrato, musica binaurale) e utilizzando sveglie analogiche per evitare “l’alibi dell’orologio” sullo smartphone.
Ma non è solo questione di limiti. I timer e le app di controllo sono strumenti utili, ma non sufficienti. Serve un’educazione che aiuti bambini e adolescenti a riflettere sul proprio rapporto con il digitale: “Cosa cerco online? Quando mi sento insoddisfatto offline? Queste domande, poste nel contesto giusto (non accusatorio ma curioso), possono aprire la strada a una vera alfabetizzazione emotiva e tecnologica.cLe vacanze estive possono diventare un laboratorio esperienziale per imparare a riappropriarsi del tempo, del corpo e delle relazioni. Un detox digitale non è un ritorno al passato, ma un passo avanti verso un equilibrio più consapevole. Come insegna la psicologia strategica, non si tratta di eliminare gli schermi, ma di riuscire a gestirli. Non per sfuggire, ma per costruire. Non per colmare il vuoto, ma per nutrire il pieno.
Dott. Jacopo Grisolaghi
Psicologo, Psicoterapeuta, Dottore di Ricerca in Psicologia, Sessuologo, PsicoOncologo
Ricercatore e docente del Centro di Terapia Strategica di Arezzo
Professore a contratto Università degli Studi eCampus e Università degli Studi Link di Roma
www.jacopogrisolaghi.com
@dr.jacopo.grisolaghi
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