Zerocalcare, Netflix ed il fascino turistico delle periferie

Sembra che sia ormai esaurita la polemica sul linguaggio romanesco e “strascicato” – per alcuni addirittura incomprensibile – usato da Zerocalcare nella sua magnifica serie “Strappare lungo i bordi” disponibile su Netflix.

Potrebbe dunque essere il momento giusto per aprire una riflessione, serena e costruttiva (e quindi molto meno partecipata sui social: ma è un pregio) sul fascino turistico di quartieri decentrati e luoghi periferici che assurgono ad icone televisive o cinematografiche.

Non sembri affatto un discorso ozioso. Mentre in Italia si mettono milioni di euro su ItsArt, facendo finta che sia davvero la “Netflix della cultura italiana”, l’Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni Unite (Unwto) ha redatto un documento di oltre 50 pagine insieme a Netflix (quella vera, per capirci) per analizzare quarant’anni di evoluzione del turismo legato alle immagini sul grande schermo o sulle piattaforme.

Un documento pubblicato lo scorso ottobre e che si può consultare gratuitamente qui (link). Lo screen tourism, come viene chiamato in inglese e che non è del tutto sbagliato tradurre in turismo dello schermo (grande e piccolo), racconta una storia che inizia nel 1984 con i film della serie Crocodile Dundee che fecero aumentare del 40% i visti turistici per l’Australia ed arriva al 2013 con il boom dei visitatori (+230% in tre anni) sui luoghi di Harry Potter ed un giro d’affari di 10 milioni di euro per l’economia di Northumberland, contea estremamente periferica al confine fra Inghilterra e Scozia.

In realtà, lo studio Unwto/Netflix pone l’attenzione maggiore sull’aspetto di dialogo fra culture diverse e di attrazione di lunga durata che un film o una serie possono generare verso un luogo e la sua comunità. Chissà se il quartiere romano di Rebibbia, protagonista mai secondario delle storie di Zerocalcare, potrebbe essere al centro di un fenomeno di questo genere. Lo furono in passato la Belleville dei libri del ciclo di Benjamin Malaussène firmati da Daniel Pennac (nel 2013 fu realizzato anche un film). Oppure, esempio più vicino a Zerocalcare, il quartiere della Garbatella negli anni di strepitoso successo della fiction televisiva “I Cesaroni”. Giusto per citare due casi in cui anche io sono stato incuriosito e sedotto, fino a visitare – con grande soddisfazione – i due quartieri. E che adesso sono qui a consultare storia e mappa di Rebibbia.
Certo, non è facile. Bisogna essere capaci di creare un rapporto tra lo spettatore e quella destinazione: non un luogo di interesse turistico-commerciale, ma un’autentica connessione. Ed è per questo che ci vogliono artisti veri come Zerocalcare o come Ferzan Ozpetek per gli infiniti quartieri di Istanbul.

Roberto Guiggiani